Due giorni fa la mia amica Valeria mi
ha fatto notare, con una gentilezza comune solo a lei e al Grinch.
Che da un po' di tempo non aggiorno il blog. È vero, lo ammetto.
La tecnologia purtroppo gioca contro e
quindi, mentre voi vivete nel 2016, io sono ancora per molti versi
negli anni 80/90 e sto scrivendo queste righe sul mio StarTAC.
Qui a Tarrafal tutto bene, è il
periodo dell'invasione dei turisti bianchi, quelli che fuggono dal
freddo rifugiandosi nelle calde ed accoglienti temperature
capoverdiane.
E molti di questi sono personaggi ben strani.
Ovviamente il primo effetto di questa
tendenza è un proliferare di coppie lei bianca-lui nero, anime
gemelle che la sorte beffarda ha fatto nascere a migliaia di
chilometri di distanza, ma che per una meravigliosa e perfetta
sincronia astrale si ritrovano tra miliardi di altre anime per
vivere una eterna storia d'amore di una settimana.
Dopodiché, quello che accade a lei non
lo so. Il lui, generalmente, è così affranto dalla separazione da
dover soffocare il dolore tra le braccia della successiva storia
d'amore (eterna).
Il visitatore bianco ama la formula
turista-fai-da-te. Quindi capita spesso di vedere coppie tedesche dal
saldalo in cuoio sul calzino immacolato, e dalla pelle ancora più
immacolata (il primo giorno; dal secondo fluo, dal terzo squamato),
che si aggirano per il paese con l'occhio del mercante arabo vissuto
40 anni nel suq di Algeri, per poi comprare terribili pareo made in
China che esibiscono la scritta “Viva Cabo Velde” e pagandoli
decine euro, per ricevere il resto in banconote del Monopoli in
versione Angolana.
Sul cibo poi, le stesse persone che a
casa sono nazi-igienico-salutiste, qui si fanno abbindolare da alcuni rasta sulla spiaggia che non hanno conosciuto il sapone nemmeno sui
libri, ma che propinano un'ottima “cucina naturale”, consistente in pesce cucinato direttamente in spiaggia, nella sabbia, su un fuoco di alghe
secche, carapaci di scarafaggi e sterco di animali estinti con
l'ultima glaciazione.
Però quando vengono a mangiare da noi,
se il bicchiere è un po' alonato, se il pesce grigliato non sorride o
se l'aragosta non gli fa il nuoto sincronizzato nell'acqua di
cottura, allora no! Non va!
A casa bene. Il gatto fa cose da gatto.
Tra l'altro abbiamo scoperto che è maschio, quindi sarà opportuno
cambiargli nome perché Selma non è adatto. Vedremo se rimanere in
area Simpson o cambiare. Vista la sua vergognosa propensione a
mendicare il cibo, “Barbone” sarebbe indicatissimo.
I cani mi danno da pensare. Credo che
conoscano i giorni della settimana.
La donna delle pulizie viene tutti i
giorni dal lunedì al venerdì. E il cortile dove i cani passano la
maggior parte del tempo resta lindo e pinto tutta la settimana. Ma
appena se ne va la donna, verso le 13 del venerdì, taaaac, puntuali
come un treno giapponese, scagazzano senza vergogna, e così dobbiamo
tenerci il frutto del loro intestino per tutto il fine settimana o
metterci di santa pazienza e far sparire il misfatto.
Passerò qui il Natale. Il clima è
buono e non mi dispiace particolarmente.
Ho solo qualche problema con gli
indumenti. Vuoi perché si logorano, vuoi perché Odette si ostina a
stenderle al sole diretto, vuoi per i buchi fatti da alcuni insetti
che hanno il coraggio di nutrirsi di tessuto intriso del mio sudore,
il numero delle mie magliette è di molto calato.
Ma ho due polo tarocche comprate in
Tunisia che non demordono. Grazie al loro equilibrato filato composto
al 50% di acrilico, al 40% di eternit e al 10% di maledizioni in
sumero, tengono botta e sono uguali al giorno che le ho comprate.
Però sono così sintetiche che se
soffia un po' di vento si elettrizzano al punto che sparo fulmini che
Thor in confronto è un liceale che fa gli esperimenti di Galvani con le rane.
Ora devo andare che c'è la notte
tipica e ci sono le ballerine. La settimana scorsa una si è offesa
perché le infilato una banconota nel gonnellino.
Ah, questi muri interculturali non
cadranno mai abbastanza presto!