mercoledì 30 novembre 2016

Sono vivo e sono qui.

Due giorni fa la mia amica Valeria mi ha fatto notare, con una gentilezza comune solo a lei e al Grinch. Che da un po' di tempo non aggiorno il blog. È vero, lo ammetto.
La tecnologia purtroppo gioca contro e quindi, mentre voi vivete nel 2016, io sono ancora per molti versi negli anni 80/90 e sto scrivendo queste righe sul mio StarTAC.


Qui a Tarrafal tutto bene, è il periodo dell'invasione dei turisti bianchi, quelli che fuggono dal freddo rifugiandosi nelle calde ed accoglienti temperature capoverdiane.
E molti di questi sono personaggi ben strani.
Ovviamente il primo effetto di questa tendenza è un proliferare di coppie lei bianca-lui nero, anime gemelle che la sorte beffarda ha fatto nascere a migliaia di chilometri di distanza, ma che per una meravigliosa e perfetta sincronia astrale si ritrovano tra miliardi di altre anime per vivere una eterna storia d'amore di una settimana.
Dopodiché, quello che accade a lei non lo so. Il lui, generalmente, è così affranto dalla separazione da dover soffocare il dolore tra le braccia della successiva storia d'amore (eterna).

Il visitatore bianco ama la formula turista-fai-da-te. Quindi capita spesso di vedere coppie tedesche dal saldalo in cuoio sul calzino immacolato, e dalla pelle ancora più immacolata (il primo giorno; dal secondo fluo, dal terzo squamato), che si aggirano per il paese con l'occhio del mercante arabo vissuto 40 anni nel suq di Algeri, per poi comprare terribili pareo made in China che esibiscono la scritta “Viva Cabo Velde” e pagandoli decine euro, per ricevere il resto in banconote del Monopoli in versione Angolana.
Sul cibo poi, le stesse persone che a casa sono nazi-igienico-salutiste, qui si fanno abbindolare da alcuni rasta sulla spiaggia che non hanno conosciuto il sapone nemmeno sui libri, ma che propinano un'ottima “cucina naturale”, consistente in pesce cucinato direttamente in spiaggia, nella sabbia, su un fuoco di alghe secche, carapaci di scarafaggi e sterco di animali estinti con l'ultima glaciazione.
Però quando vengono a mangiare da noi, se il bicchiere è un po' alonato, se il pesce grigliato non sorride o se l'aragosta non gli fa il nuoto sincronizzato nell'acqua di cottura, allora no! Non va!

A casa bene. Il gatto fa cose da gatto. Tra l'altro abbiamo scoperto che è maschio, quindi sarà opportuno cambiargli nome perché Selma non è adatto. Vedremo se rimanere in area Simpson o cambiare. Vista la sua vergognosa propensione a mendicare il cibo, “Barbone” sarebbe indicatissimo.
I cani mi danno da pensare. Credo che conoscano i giorni della settimana.
La donna delle pulizie viene tutti i giorni dal lunedì al venerdì. E il cortile dove i cani passano la maggior parte del tempo resta lindo e pinto tutta la settimana. Ma appena se ne va la donna, verso le 13 del venerdì, taaaac, puntuali come un treno giapponese, scagazzano senza vergogna, e così dobbiamo tenerci il frutto del loro intestino per tutto il fine settimana o metterci di santa pazienza e far sparire il misfatto.

Passerò qui il Natale. Il clima è buono e non mi dispiace particolarmente.
Ho solo qualche problema con gli indumenti. Vuoi perché si logorano, vuoi perché Odette si ostina a stenderle al sole diretto, vuoi per i buchi fatti da alcuni insetti che hanno il coraggio di nutrirsi di tessuto intriso del mio sudore, il numero delle mie magliette è di molto calato.
Ma ho due polo tarocche comprate in Tunisia che non demordono. Grazie al loro equilibrato filato composto al 50% di acrilico, al 40% di eternit e al 10% di maledizioni in sumero, tengono botta e sono uguali al giorno che le ho comprate.
Però sono così sintetiche che se soffia un po' di vento si elettrizzano al punto che sparo fulmini che Thor in confronto è un liceale che fa gli esperimenti di Galvani con le rane.

Ora devo andare che c'è la notte tipica e ci sono le ballerine. La settimana scorsa una si è offesa perché le infilato una banconota nel gonnellino.

Ah, questi muri interculturali non cadranno mai abbastanza presto!