sabato 17 ottobre 2015

La vita, l'amore, le vacche.

Tra gli amici che sono venuti a trovarmi la scorsa settimana, oltre a Ciccio e Nicky che sono anche miei ex-colleghi, c'era il padre di quest'ultima, Flavio, cuoco di esperienza internazionale. Qui ha dimostrato tutta la passione che mette nel suo lavoro, cucinando ogni sera cene pantagrueliche e diventando, in pochi giorni, il personaggio più conosciuto e amato a Tarrafal; in particolare da venditrici del mercato e pescatori. La popolazione locale di aragoste e di polpi, invece, ha salutato con un sospiro di sollievo la sua partenza; partenza che mi ha lasciato un frigo pieno di ottimi avanzi e un girovita appesantito di 3 kg.


Ieri ha piovuto nuovamente, dopo circa 3 settimane di sole; la stagione delle piogge è agli sgoccioli (letteralmente), ma qualche giornata così può ancora capitare. Trovo sempre bello e stupefacente lo spirito col quale i capoverdiani vivono la pioggia, in particolare dopo la paura, scampata, di un nuovo anno di siccità. Camminano sotto l'acqua scrosciante senza fare una piega; i maschietti, in particolare, restano a torso nudo e se la scialano, complici anche i 28 gradi dei giorni cosiddetti "brutti". Inoltre, considerando che molti sono privi di acqua corrente in casa, capita spesso di vedere bambini e adulti che si lavano in mezzo alla strada, sotto l'acqua battente piuttosto che sotto qualche grondaia. Io, arrivando da Biella, non avrei mai pensato che al mondo ci fosse qualcuno che potesse amare la pioggia; personalmente, in un classico pomeriggio di maltempo, nomino più Santi che Giovanni Paolo II in tutto il suo pontificato.


Tarrafal, specie nelle zone periferiche come quella in cui vivo, è completamente ricoperta di erba che, ormai, è diventata anche bella alta.
Per chi possiede mucche è abitudine legarle da qualche parte la notte, in modo che possano mangiare senza allontanarsi; solo che non legano le povere bestie nel cortile di casa propria, bensì in determinati posti che rispondano a questi requisiti: tanta erba e illuminazione pubblica (in modo che non gliele rubino).
E poiché nella mia zona la luce è presente solo fuori da casa mia, il risultato è che questi simpaticoni leghino le vacche sotto il mio balcone, andando a coniugare così il mio fragile amore per gli animali (incrinato dall'incredibile accanimento di mosche e zanzare contro la mia persona) con il mio assoluto odio per lo svegliarmi presto.
Infatti gli incolpevoli bovini, all'alba, iniziano a muggire senza soluzione di continuità, cancellando in me, in pochi minuti, tutto il sentimento maturato nei confronti della loro razza in lunghi anni di simpatia per Clarabella, per le mucche di Fruttolo e di Milka, e ovviamente per Alvaro di Fantazoo.
Inoltre non riesco mai a cogliere in flagrante i proprietari quando me le portano sotto casa, per invitarli, con la mia ben nota cortesia, a desistere dall'intento.
Ieri notte, esasperato e memore di un consiglio del sempre utile Andreas, ho deciso di andarle a slegare per portarle altrove.
Volevo essere un mix tra un ninja e James Bond. Sono risultato un incrocio tra Mr Bean e Fantozzi.
Un idiota: solo, in pantaloncini e maglietta tra l'erba alta e fradicia, assaltato da insetti di ogni tipo, affondando in buche piene d'acqua che non vedevo; la segretezza dell'operazione è stata subito compromessa da un branco di cani, ai quali normalmente allungo gli avanzi, che da perfetti Giuda si sono messi ad abbaiare non so se allegri o furiosi. Finalmente, sempre accompagnato dalla fanfara canina, sono giunto vicino alla vacca. Voi avete mai spostato una mucca? Io no: è enorme. Inoltre, vuoi perché avvicinata da un estraneo, vuoi per la cagnara che aveva attorno, non sembrava affatto di buon umore. Una breve riflessione mi ha portato a decidere che poverina, in fondo non mi da tutto questo fastidio, e che anche lei è figlia di Dio. E sono tornato a letto fradicio, pieno di mozzichi di insetti e accompagnato dai latrati di scherno dei cani. Cani che da oggi inizieranno lo sciopero della fame.

Lunedì arriveranno altri miei amici, quelli con i quali sono cresciuto. Sono molto emozionato, è un'occasione speciale. Ma avrò modo di parlarne in futuro.

mercoledì 14 ottobre 2015

Cambio degli armadi.

Anche a Capo Verde l'estate volge finalmente al termine e le temperature calano drasticamente. Mentre scrivo sono le 12:42 e i 32 gradi con 70% di umidità mi stanno facendo sudare come Luca Giurato alle prese con un congiuntivo.


Ieri sera sono partiti, dopo 8 giorni, tre miei cari amici che sono venuti a trovarmi. Hanno vissuto, in questo breve tempo, tutte quelle piccole cose, quelle emozioni e quelle differenze culturali con le quali io ho a che fare da gennaio. Hanno quindi avuto modo di conoscere il calore e la disponibilità della gente del luogo ("ho conosciuto più persone in una settimana qui che in un anno a casa"), hanno visitato gli asili strapieni di bambini, mi hanno accompagnato a Praia in un viaggio ancora più lungo del solito per le strade dissestate dalle passate piogge, hanno avuto a che fare con "l'elasticità" locale nella gestione del tempo.
Mercoledì abbiamo per esempio ordinato qualche kg di polpo dando appuntamento all'allegro giovanotto in un determinato posto; lui è andato a procacciarselo. L'abbiamo rivisto ieri, il lunedì successivo; ha detto che ci ha cercati, ma che non aveva il nostro numero e che comunque non ha credito nel cellulare che, nel dubbio, lascia a casa.

Quella della gestione del cellulare è una cosa che mi manda fuori di testa. Tutti qui hanno il cellulare, ma proprio tutti. Però le telefonate sono carissime, ben più care che in Italia, e gli stipendi, quando ci sono, sono bassi.
Sicché tutti usano internet ma nessuno telefona e, quel che è peggio, nessuno risponde al telefono. Al limite ti fanno uno squillo se e quando trovano la tua chiamata.
E comunque nessuno dice il suo nome quando ti chiama, mentre mancano completamente i saluti di rito prima di chiudere: la telefonata si interrompe con un "click" improvviso, roba che se non te ne accorgi, vai avanti a parlare da solo per qualche minuto (e a me capita spesso... sono i casi in cui sfoggio il mio miglior portoghese!).
Anche dal vivo le convenzioni sono diverse: in fase di presentazione ti baciano sulle guance (ovviamente dal lato opposto al nostro; ho limonato involontariamente con mezza isola!); oppure quando una persona arriva saluta tutti i presenti uno per uno dando la mano, operazione che, quando si incontrano due gruppi di amici, richiede anche diversi minuti. Per andare via, invece, un ciao veloce e fugace e puff! spariti.

Ho notato che dopo quasi 10 mesi qui è avvenuto un cambiamento nel mio carattere: sono più sereno, tranquillo, evito di prendermela per un nonnulla. In Italia, invece, se qualcuno mi tagliasse la strada in macchina, sarei capace di attaccar briga anche se si trattasse di Gandhi alla guida, con Madre Teresa navigatore e il Dalai Lama e Osho seduti dietro.
Dicevo che quindi mi sento più sereno; ma è bastata una partita a scopa.
Quando Ciccio ha girato in tavola 3, 4, 5 e 2 di denari e mi ha servito tre assi, per poi prendersi il Settebello, mi hanno dovuto fermare mentre con la schiuma alla bocca cercavo di strappare le carte.
Ne ho ancora da lavorare.


Domenica in Italia torna l'ora solare e io potrò ascoltare di nuovo Deejay Chiama Italia; inoltre tra poco sarò in Piemonte e mi sfonderò di funghi, anche quelli velenosi.
Mi piace l'autunno.