giovedì 27 agosto 2015

Alla fiera dell'est.

Le piogge di quest'anno sembrano aver appagato la brama di acqua dei capoverdiani, perlomeno di quelli con cui mi confronto. Si spera ancora in un paio di giorni di temporali, ma la tanto temuta siccità, che avrebbe prolungato quella dello scorso anno, con il conseguente disastro dell'agricoltura, paiono scongiurati!



Di sicuro anche per uno come me, che arriva dal piovoso Piemonte, lo spettacolo della pioggia qui è impressionante: scrosci impetuosi e continui che riversano al suolo tanta di quell'acqua che la terra, benché assetata, non riesce a contenere. Mancando una struttura fognaria, si formano ovunque torrenti che vanno verso il mare che, a sua volta, diventa torbido e schiumante e va a a ricoprire tutta la spiaggia. Per le strade, poi, si guida navigando a vista!


La pioggia però non mitiga per nulla la temperatura. Sto sudando così tanto che le zanzare non riescono a mordermi perché quando si posano, scivolano. Zanzare che, come tutti gli animali, si sono moltiplicate.
Una mattina ho avuto la bruttissima sorpresa, scendendo in cucina, di trovare una banana rosicchiata; se la prova non fosse stata sufficiente, mi sono accorto inoltre che c'era talmente tanta cacca di roditore in giro che sembrava fosse esplosa una fabbrica di uva passa.
Disgustato, ho dichiarato guerra.
Fase uno: sono andato dai cinesi a comprare un veleno per topi, il più potente che avessero. Non vorrei sembrare più ignorante di quanto sia, ma se penso alla Cina mi immagino distese sterminate di risaie e generazioni di cinesi in perenne lotta contro i topi... Quindi ho pensato "chi meglio di loro?". Fiasco totale.
Fase due: ho preso un gatto. Dopo il cane e il topo, direi che ho chiuso il cerchio e che Branduardi sarebbe soddisfatto di me! Il gatto, però, è ancora piccolo e nella lotta avrebbe avuto la peggio.
Fase tre: ho chiamato un baldo giovanotto di pochi fronzoli e di rara efficienza che ha stanato e messo KO un topazzo di almeno una chilata. Per inciso, il giovane in questione aveva gli occhi più "di ghiaccio" che io abbia mai visto e in Italia sarebbe conteso come marito già prima di effettuare il controllo passaporto.

Il gatto, che al momento non so se maschio o femmina, l'ho chiamato Zacapa, perché mi piace come nome e perché dopo qualche rum anche io ho difficoltà nel fare distinzione. Per ora subisce passivamente le angherie di Pandora, ma ha già mostrato un paio di volte le unghiette.
Al momento, in casa, ho quindi un cane, un gatto, una coppia di passeri psicotici, scarafaggi random e il fantasma di un topo. In tutto questo, io sono il cameriere che nutre tutto lo zoo!

domenica 23 agosto 2015

La stagione delle piogge.

Questo ultimo anno, a Capo Verde, la vita è stata molto difficile. In una economia che si basa ancora molto sull'agricoltura, l'assoluta mancanza delle piogge stagionali del 2014 ha messo molte famiglie in una situazione disperata.
L'agricoltura qui è molto semplice: all'approssimarsi del periodo delle piogge tutta la famiglia va sui propri campi e interra le piantine di mais, di fagioli o di altro. Dopodiché ci penseranno la pioggia, il clima e la straordinaria fertilità del suolo vulcanico.

Quest'anno, la tanto bramata pioggia sta finalmente dando soddisfazione. Ma per uno come me che viene da Biella, questa brama non è assolutamente condivisa.
Tanto per dirne una, a forza di scopare via acqua, ho dei calli sulle mani che non vedevo dai tempi del liceo!

Proprio a sottolineare i cattivi rapporti che intercorrono tra me e la pioggia, ieri mattina mi sono svegliato con una sorpresa. Per via di un sassolino che ha otturato lo scarico del balcone, l'acqua si è riversata nella mia camera e l'ha resa una risaia, quasi a volermi ricordare da dove vengo. Solo che io non ci avevo piantato il riso, per terra, bensì il mio Iphone sotto carica.
Sono quindi due giorni che mi trovo tagliato fuori dal mondo e dalle interessantissime conversazioni dei gruppi di Whatsapp dei quali faccio parte.
Ho portato il telefonino ad un tale Xirillo che ha un centro riparazioni nel mercato di Tarrafal. Descrivo meglio il "centro riparazioni": un gabbiotto di legno e metallo, con un tavolaccio sul quale, alla rinfusa, fanno bella mostra di sé le carcasse di centinaia di cellulari. Ogni vite che Xirillo toglieva, mi moriva una parte della parete cardiaca.
Al momento resto in attesa. Quanto meno, in attesa di capire se si è rivenduto il mio cellulare!

Sicuramente a causa della improvvisa abbondanza d'acqua, gli insetti si stanno dando alla pazza gioia. E esiste miglior festeggiamento di un banchetto luculliano? Nel dubbio, le zanzare hanno deciso di banchettare con me. Se con un pennarello si uniscono i puntini rossi sul mio corpo, esce fuori la formula chimica del Baygon.
Ieri notte, inoltre, c'è stata un'incredibile invasione di insetti volanti molto simili alle formiche. Centinaia in sala, in cucina, nel terrazzo. Io, per dar ragione a Darwin, ho lasciato in vita solo le più scaltre, quelle, cioè, che hanno scelto altre case come alloggio temporaneo.

Come scrivevo, qui la pioggia è una benedizione, fonte di cibo, di sostentamento, di allegria. E con molta allegria oggi, infatti, due bambini giocavano a schizzarsi nell'acqua fangosa che avrebbe fatto desistere i più scafati tra i Vietcong.
E quando ci sono luridume e fango, potrà mai il mio cane esimersi dal buttarsi a capofitto? L'ho tirato fuori che sembrava un pezzo dell'esercito di terracotta di Qui a Xi'an in attesa di andare in forno. E mi sa che sarà quella la fine che gli riserverò.

Ora basta scrivere che mi piove sul PC. Non avendo le foto del telefono, ne metterò una fi repertorio! Alla prossima!


sabato 15 agosto 2015

Dopo questo silenzio.

Riprendo a scrivere dopo un periodo di latitanza dovuto non a mancanza di argomenti o di volontà, bensì ad una tragica concomitanza di situazioni avverse che contemplano l'assenza di internet (imputabile a me, soltanto a me, nient'altro che a me), un ennesimo trasloco, un nefasto allineamento astrale e la malevolenza di qualche divinità da me troppo spesso nominata. Beh, rieccomi qui, in quel di Tarrafal.

L'estate e la stagione delle piogge mi hanno portato, oltre che un'umidità da foresta pluviale, anche la gradita presenza di due amici, Angelo e Serena, che purtroppo sono, nel momento in cui scrivo, già rientrati in Italia.

Con Angelo ho avuto il piacere di cimentarmi in una battuta di pesca. Dico battuta un po' perché non so di preciso come si chiami, e un po' perché chiamare "pesca" ciò che abbiamo fatto è davvero una battuta. Fantozzi e Filini sarebbero orgogliosissimi di noi!
Usciamo verso le 9 (più la solita mezz'oretta accademica), su una barchetta con un motore fuoribordo ottenuto probabilmente modificando quello di un asciugacapelli. Al timone l'espertissimo Vila, ad accompagnarci in nostro amico Adì. Appena fuori dalla baia buttiamo l'ancora (una pietra), e ci vengono consegnati gli strumenti del mestiere: delle lenze arrotolate una attorno ad una tavoletta di compensato, l'altra attorno ad una bomboletta di lacca, utile nel caso il pesce volesse presentarsi alla grigliata con un'acconciatura più voluminosa.
Gli amici capoverdiani attaccano alla lenza un amo, un peso (una pietra), mettono l'esca e via, nelle profondità del mare, dove l'acqua è più blu!
Dopo 30 secondi tirano su un pesce! Restiamo sbalorditi e ci prepariamo a fare la pesca miracolosa di San Pietro ma senza interventi divini in aiuto!
E intanto, i racconti da lupi di mare si sprecano: esiste uno squalo gigante che ha il territorio di caccia poco lontano, esiste una manta di 5 metri che si vede al tramonto e che, se non spegni il motore, ti affonda la barca, quella volta che due barche hanno preso un tonno gigante a Fogo e l'hanno portato fino a Tarrafal, e via discorrendo.
Intanto la barca tardava a riempirsi dei frutti dei nostri sforzi e, l'unico pesce fino ad allora catturato, aveva deciso di abbandonare questo mondo non per mancanza di acqua, ma per solitudine.
Risultato: dopo tre ore, vari spostamenti e mille trucchi provati, abbiamo portato a casa un'insolazione e un gran male al culo. E siamo andati a pranzo al ristorante.

Qualche giorno fa ho comprato una macchina. Il giorno seguente, mentre con Angelo e Serena ci trovavamo a percorrere una stradina pittoresca in un posto chiamato Tras do Monte, ci capita di passare di fianco ad un gregge di pecore. La cosa è talmente normale, qui, che ci faccio appena caso: le pecore si scansano al passaggio dell'auto e io, d'altronde, sto andando proprio piano.
Mi accorgo però che il montone ci sta guardando minaccioso; all'improvviso ci carica a testa bassa e mi incorna la macchina nella parte anteriore, il bastardo! Dopodiché si da alla macchia.
Scendiamo dall'auto e vediamo che la portiera si apre con difficoltà. Mi riprometto, quanto prima, di mettere una testa di montone come polena sul cofano della mia macchina!


Ho preso un cane, che da quando è arrivato, ha portato scompiglio e disastri. Si tratta di una femminuccia. L'ho chiamata Pandora. Al momento la cosa che più mi stupisce è il fatto che riesca, ogni giorno, a cagare l'equivalente del suo peso corporeo!
Ma mi sta facendo una gran compagnia nella mia casa troppo troppo grande! Vi aspetto, gente!