mercoledì 10 maggio 2017

Visita a Provenzano

Tarrafal è un minuscolo paesino infilato proprio in fondo in fondo ad una piccola isola del già sperduto arcipelago di Capo Verde (slogan nazionale: Cabo Verde No Stress). Il nostro caro amico Andreas ha deciso però che Tarrafal è troppo mondana e caotica e che quindi aveva bisogno di un ritiro rigenerante nel mezzo del massiccio della Serra Malagueta, in fondo ad una delle tante valli che attraversano le montagne e che solo in alcuni periodi dell'anno sono attraversate da torrenti tumultuosi che si originano nella stagione delle piogge.
La località scelta è Lagoa, 20/25 case sparse, 10 abitanti. Per raggiungerla, da Tarrafal, 15 minuti di macchina e un'oretta di cammino. "Un'oretta"! Con questa espressione leggera, con questo vezzeggiativo, il buon Andreas ha buttato lì la sua trappola infernale; e sicuramente se la rideva sotto i baffi quando l'ingenuo topo Luigi c'è cascato con scarpe e tutto, proponendo a Francesco: "Andiamo a trovarlo un giorno?".
Mi si fosse seccata la lingua!


Andreas ci aspettava sul bordo della strada, vestito da suonatore di corno alpino; ci ha salutati e ci ha indicato vagamente la direzione da prendere, laggiù, tra le montagne.
Ora, benché io viva a Biella, non ho mai amato particolarmente la montagna. Lei lo sa, e ricambia abbondantemente. Infatti mentre Andreas scendeva con elvetica sicurezza e Francesco zompettava leggiadro da atleta qual è, io ho iniziato dopo pochi minuti a sbuffare come un'orca arenata sulla battigia. Perché, cari voi, la discesa non è affatto facile. Tra pietre, pietroni, terriccio friabile, roccia franabile perché frana non è che fria, mantenere l'equilibrio e l'integrità delle caviglie è un'impresa. Mentre scendevo, riflettevo su come la natura non faccia nulla a caso e abbia dotato tutti gli animali di montagna di quattro zampe, per questioni di equilibrio: per esempio i cervi, o i cinghiali o comunque gli altri ungulati.
Curioso come, più andavo avanti, più mi sentivo anch'io un po' ungulato dagli eventi.



Per non farmi mancare nulla, mi sono concesso anche una ricca derapata partita dai piedi e conclusasi sul culo. Nonostante il fiato corto per lo sforzo, credo di non essermi dimenticato nemmeno un Santo... al limite, avrei rimediato al ritorno.



In fondo alla "ribeira" (valle), il paradiso terrestre. Acqua sorgiva, banani, alberi di fico, di manghi, di papaia, canne da zucchero e molto altro. Ci siamo rinfrescati alla sorgente e abbiamo proseguito verso Lagoa dove ci attendevano tre turisti tedeschi accompagnati dal nostro amico Model, nonché la coppia dei padroni di casa, Bumba e Fatima. Sono costoro due sessantenni che ne dimostrano fisicamente non più di quaranta (...), gentili, sorridenti e con un approccio alla vita quotidiana di chi conosce il valore del tempo senza esserne schiavo.
Quello che mi ha colpito, entrando in casa loro, è stata l'incredibile esposizione di Santi e Madonne alla pareti, pareva quasi che li avessi convocati. Un fucile, appoggiato con disinvoltura in un angolo, mi ha dissuaso dall'approfondire l'argomento religioso.
Bumba e Fatima ci hanno accolti con una ricca colazione, e meno male! perché finalmente cominciavo a condividere il tratto caratteristico di un animale di montagna: la fame del lupo!
Cuscus con latte, banane appena colte, fragole idem, frittelle fatte in casa, caffè e te.
Wow. Semplicemente wow.



Un po' riappacificato con l'universo, ho seguito Andreas che ha mostrato a tutti noi il suo eremo: una ex stalla di pochi metri quadri, dotata di uno stanzino con un letto spartanissimo, acqua per lavarsi in un barile, due libri, due lampade, una candela. Fantastico.
Io e Francesco, italiani fino in fondo e orgogliosi di far conoscere anche all'estero le buone abitudini della nostra terra, abbiamo raccontato a tutti come in luoghi del genere da noi di solito si nascondano i latitanti. Da oggi per noi Andreas sarà "Binnu".



Scherzi a parte, ci sono tutti i fattori giusti per organizzare un turismo rurale rilassante e fuori dagli schemi, anzi, come si diceva ieri, fuori dal mondo. Se poi Bumba porterà avanti il progetto di costruire una piscina di acqua sorgiva, si parlerà davvero dell'Eden.
Abbiamo pranzato con un piatto tipico del posto, composto da polenta, carne e fagioli; ho trovato tutto incredibilmente buono, ma per onestà va detto che con la fame che avevo avrei mangiato pure le pietre.
Bumba intanto ci spiegava che il fucile gli serve per sparare alle scimmie che gli devastano i raccolti; ha anche aggiunto che volendo, la prossima volta ci fa trovare scimmia arrosto. Io sono un po' dubbioso, mi sembrerebbe quasi di mangiare un mio cugino. E non lo dico in quanto primate, ma proprio perché ho un cugino ventenne che somiglia ad un babbuino!

Dopo pranzo ci siamo congedati perché la semifinale di Champions incombeva.
La discesa è stata difficile; la salita molto più facile, ma molto più dura. In alcuni tratti sembrava veramente di risalire Monte Fato.
Ah, se la distruzione dell'Anello fosse dipesa da me e dalla mia propensione alle arrampicate, di sicuro avremmo Sauron Presidente del Consiglio e i Nazgul come Ministri. Agli Interni, sempre Alfano, credo.
Intanto oggi cammino come un ungulato.

giovedì 27 aprile 2017

Giorni di ordinario benessere.


Dopo un periodo abbastanza lungo di assenza da Capo Verde (2 mesi e mezzo, record da quando sono arrivato qui), finalmente sono tornato in questa mia terra adottiva.
E sono capitato a fagiuolo per i festeggiamenti che celebravano, il 25 aprile, i 100 anni del Municipio di Tarrafal. Che, nonostante il secolo di vita, rispetto a mia nonna rimane un adolescente!
Il ciclo di celebrazioni ha portato, oltre alla classica visita del Presidente della Repubblica ed altrettante classiche parole di rito, tutta una serie di eventi, trai quali alcuni molto interessanti. Ho assistito per esempio con piacere al concerto dell'Orchestra "Sete sois sete luas", composta da giovani talenti locali; musica bella ad un volume piacevole e mai invadente, luci adatte, pubblico delle grandi occasioni. Solo una nota stonata (metaforicamente): il concerto è iniziato puntuale ed io, che mi ero organizzato su orari capoverdiano-trenitaliani, me ne sono perso un pezzo. Sicuramente un errore, protesterò con chi di dovere!


Rientrando dopo questi mesi e rientrando in contatto con un mondo tanto diverso da quello in cui ero immerso fino a 2 settimane fa, non posso che pormi le solite domande che mi sono sempre posto prima, durante e dopo un trasferimento così radicale. Alla maggior parte non posso ancora rispondere, perché molte cose sono ancora in divenire; mi sento però di poter tentare un parziale bilancio tra pro e contro, in un'ottica dichiaratamente soggettiva, infarcita di pregiudizi e luoghi comuni e in ordine assolutamente casuale.

Ritmi di vita: sicuramente più blandi, non c'è paragone. Se Capo Verde ha scelto l'espressione "No Stress" come cardine del suo marketing, ci sarà un motivo! Paradossalmente, per noi spesso ciò è stressante, considerando il tempo che si passa ad aspettare personaggi che hanno un concetto del tempo e dello spazio molto blando. Ma considerando che ho smesso di prendere i medicinali per la pressione, che mi si è normalizzata, direi PRO

Qualità di vita: qui le possibilità sono nettamente più basse in Europa, e si potrebbe commentare con un bel "Grazie al ca**o". Ma questo per dire che il paragone è impossibile. Mi mancano tante cose, ma a tante di esse ho rinunciato senza nemmeno accorgermene. Il servizio sanitario locale mi spaventa un po', ma a parte questo direi che qui si sta meglio. PRO

Rapporti sociali: vivo in un luogo in cui puoi fermarti a scherzare per strada con i bambini e a parlare, ricambiato, con le ragazze. Al mio paese ciò si tradurrebbe in spray al peperoncino, teaser nella schiena e guardie che mi portano via. Ma mi pesa fortemente il fatto che sia praticamente impossibile farsi amici disinteressati. Ne conto 3, in 2 anni e mezzo di permanenza. Purtroppo qui gli europei sono ancora visti quasi sempre come Bancomat ambulanti. CONTRO

Vita sociale: Questo popolo ama divertirsi, quindi le offerte sono molteplici. Inoltre nessuno guarda male un quarantenne in discoteca. Però quasi tutte le occasioni sociali sono funestate da eccessi alcolici e mancano alcune alternative, tipo locali dove poter bere una birra dopo cena. Cosa che comunque a casa non faccio mai. PARI

Sistemazione: io personalmente trovo Biella molto bella. Qui però posso permettermi di vivere in una bella villa vista mare, mentre a Biella la villa non ce l'ho, per non parlare del mare. Inoltre, gli spazi che ho a disposizione mi permettono di tenere un gatto e due cagnoni, cosa mai accaduta prima in vita mia; e devo dire che, benché io non sia un nazi-animalista, la cosa mi piace parecchio. PRO e a tal proposito...

Natura: la natura qui la vivi e la subisci. Se piove va via la luce, se va via la luce va via l'acqua. Quindi quando c'è acqua, non c'è acqua. Tranne l'acqua di mare che sale e ti entra in casa, Inoltre il gallo ti sveglia, il cane ti ringhia, la pecora ti attraversa la strada e il porco di quel porco. PRO per il contatto con la natura CONTRO per l'eccessivo contatto con la natura.

Ragazze: PROPROPRO

Lavoro: In Italia è quasi impossibile fare impresa; qui è molto difficile fare impresa. La raccolta dei dati è in corso, vedremo. GIUDIZIO SOSPESO.

Burocrazia. CONTRO, un CONTRO talmente netto che solo chi vive e lavora in Italia può capirne la portata. Esistono luoghi ben più lenti, macchinosi e snervanti che il nostro Paese.

Altre aree potranno essere valutate in futuro, in caso aveste suggerimenti, scrivete. Io nel dubbio sto raccogliendo i soldi per il dentista; qui vige lo scambio anatomico: in cambio di un dente, un rene.
Speriamo che basti, perché, anatomicamente parlando, temo che mi chiedano ben altro.

venerdì 10 febbraio 2017

Dopolavoro auto-ferro-tranvieri: gita sociale.

Scrivo questo post dal Piemonte, dove sono rientrato da un paio di settimane per riposare un po' e per passare del tempo con la mia famiglia. La scelta dal punto di vista meteorologico non è inappuntabile visto che fa un freddo cane. Peccato che tutto il freddo che sto prendendo in questi giorni non vada a compensare le notti di luglio e agosto in cui non si dormiva per il troppo caldo. Siamo nati per essere insoddisfatti.

Nella mia ultima settimana a Tarrafal prima del mio rientro, ho avuto il piacere di ospitare il mio amico Max, che ho avuto modo di conoscere quando facevo stagioni. Io e Francesco abbiamo approfittato della sua presenza per mettere in esecuzione un'idea già pianificata mesi prima con Andreas.
Si trattava di andare ad esplorare una parte poco battuta dell'isola, quella che si trova al di là del Monte Graciosa, il rilievo che si vede sullo sfondo della baia di Tarrafal praticamente in ogni foto.
La zona, denominata con una fantasia degna di un ragioniere del catasto "Tras os montes" (dietro i monti - traduzione ostica), conduce ancora più a nord, alla propaggine estrema dell'isola e all'ultimo faro di Santiago. Il nostro obiettivo è stato quindi quello di arrivare al faro.


Si è trattato di una bellissima esperienza: una mezz'oretta di strada con il fuoristrada di Andreas seguito da una passeggiata di circa 40 minuti; il tutto immersi in una natura dove, sebbene i segni dell'uomo non mancassero, rappresentavano una trascurabile minoranza in un paesaggio fatto di piante, sterpaglie, locuste, vacche, rocce, vento e mare. Sorgendo il faro su una specie di promontorio, inoltre, per gran parte del percorso lo sguardo poteva spaziare a sinistra e a destra su scogliere battute dal mare con unico sottofondo il suono delle onde che si infrangevano sulle rocce. A sinistra, proprio dietro il monte, una spiaggetta grigia di ciottoli, a destra, scogliere a perdita d'occhio. Di fronte a noi, la strada per il faro.


Credo che capiti a molti di anelare un periodo di solitudine totale, lontani dal consorzio umano, isolati da tutto e da tutti e senza copertura del cellulare; periodo da trascorrere in un luogo remoto, dove ricaricare le batterie... per esempio un faro.
E nel tragitto, innamorandomi del paesaggio brullo e battuto dal vento e in cui non abbiamo incontrato anima viva, mi immaginavo di rinchiudermi per una settimana nel faro, con un libro, qualche provvista e il senso di libertà che una scelta del genere mi avrebbe regalato.
Però più ci avvicinavamo alla nostra meta, più un fastidiosissimo rumore di origine chiaramente umana andava a turbare i miei pensieri, distraendomi e costringendomi a ricercarne l'origine; finché non mi sono accorto che l'origine ero io, ovvero il mio fiatone perché avevo iniziato ormai da 10 minuti a sbuffare con un mantice. Per intenderci, parevo uno sherpa intento a trasportare il pranzo al sacco di Adinolfi fino all'ultimo campo base sull'Everest.
Arrivando al faro lo spettacolo era mozzafiato: un cubo bianco di muratura che si ergeva, essenziale e spogliato di tutto, anche della lampada, su un piccolo piano circondato dal mare. Solo vento, tanto vento a riempire i pensieri, profumo di salsedine misto a cacca di capra e desolazione. Romantica, avventurosa ed emozionante, ma pur sempre desolazione. Quel tipo di solitudine che richiama alla mente coloro che ami e che in quel momento vorresti vicini: per esempio, io ho pensato subito al mio divano.


Infatti è con un senso di appagamento misto a consolazione che ci siamo incamminati sulla strada di casa dove abbiamo festeggiato con una bella mangiata il nostro rientro nella civiltà, manco fossimo stati quattro hobbit di ritorno alla Contea dopo un viaggio a Mordor!

Se non vado errato, una decina di giorni fa Andreas ha passato una notte al faro; ma non quello della nostra escursione, bensì quello di Praia, trasformato in hotel e dotato di ogni comfort. Il furbo svizzerotto!

Il mio viaggio da Tarrafal a casa (da Santiago a Santhià), è durato circa 26 ore; manco l'Australia, a nuoto e col vento contrario. Certo, hanno influito vari fattori: aereo cancellato, scalo in Guinea Bissau, ritardo a Casablanca, bagaglio perso. In confronto quelli di Lost hanno avuto un volo tranquillo.
Ma il fatto è che ogni volta ce n'è una, ed è soprattutto per questo che il turismo sull'isola della capitale non è ancora strutturato per accogliere gli italiani.

Ora penserò a riposarmi e a rilassarmi. Perché come sanno tutti, l'Africa ti lascia sempre qualcosa dentro.
Vado a prendere l'antibiotico.

giovedì 12 gennaio 2017

Disco Inferno.

Da qualche giorno è venuto a trovarci il mio amico Giorgio. Il viaggio è cominciato con un ritardo di 6 (SEI) ore del suo volo con la semprepiùmaledetta TACV, per poi proseguire tra black out, nuvole e vento, cani che abbaiano la notte, cani da guardia sui tetti, corse pomeridiane (ti odio!) e seratone di follia tra soli uomini a base di tisane, film e valeriana che Dan Bilzerian scansati che sei un pivello.
Non essendo capace di starsene con le mani in mano e ritenendo che i miei cani avessero un afrore lievemente disturbante, ha dedicato loro un trattamento di bellezza che sono fuggiti come inseguiti dal demonio e da tre giorni non abbiamo più loro notizie.


Da oggi partono i festeggiamenti per il patrono Santo Amaro, ma i festeggiamenti veri!
Non è possibile descrivere ciò di cui sto parlando: la festa attira capoverdiani da tutte le isole, oltre ai vari emigranti che rientrano nell'arcipelago apposta per festeggiare l'evento.
Praticamente Tarrafal diventa, per 3/4 giorni, un luogo dove non c'è più distinzione tra giorno e notte: fiumane di persone in giro per le strade, cibo e bevande ovunque, ubriaconi socievoli e ubriaconi rissosi, gare sportive e attività organizzate dal Comune. E soprattutto musica:  musica dal vivo, musica da discoteca, musica dei concerti, musica dalle macchine, musica dalle case, musica dappertutto e cazzo lasciatemi dormire!
Come accade ovunque in queste occasioni, l'afflusso incontrollato di persone attira anche tanti delinquentucoli, quindi questo potrebbe essere l'ultimo post che scrivo con questo PC.

I capoverdiani sanno divertirsi, questo è fuori di dubbio. E il divertimento qui è sacrosanto, non c'è verso. Per intenderci, giorno 1 di gennaio, che è festivo, cadeva di domenica. Quindi, per recuperarlo, hanno trasformato in festivo anche giorno 2.
Uno dei luoghi di divertimento più classici per un popolo così giovane non poteva che essere la discoteca. Io e Francesco ci siamo sacrificati per poter essere testimoni oculari immolandoci al dovere di cronaca.
La cosa è meno facile di quanto sembri poiché le discoteche qui si riempiono verso le 3 del mattino, sicchè due ex giovani come noi non hanno saputo fare di meglio che andare a dormire e mettere la sveglia alle 2. Che vergogna.

L'unica discoteca attuamente attiva a tarrafal si chiama "Beach Club" ed apre in maniera casuale, con poco preavviso, ma che regala sempre emozioni.
La discoteca è piccola, spoglia e il DJ probabilmente ha l'artite alle mani.
Ma è il fattore umano che fa la differenza.
Bisogna innanzitutto dire che la musica da ballare qui a Capo Verde è molto diversa da quella occidentale, e fin qui nulla di male. Ma soffermiamoci un attimo sulla qualità di questa musica.
Mi sono già dilungato precedentemente su funanà e cochipò, però non mancano altri interessanti pezzi musicali che esprimano al meglio la spensieratezza di questo popolo. Fino a pochi mesi fa, per esempio, si sentiva in maniera assillante un brano il cui ritornello ripeteva "mama gelado". Pensavo che alludesse a qualcuna che mangiasse un gelato e ai conseguenti doppi sensi, invece ero fin troppo ottimista. "Mama gelado" significa "tette cascanti", e poiché il titolo della canzone è "Bedja tem calma" (Vecchia stai calma), le immagini evocate sono davvero raccapriccianti. La canzone era così famosa che è stata adottata come colonna sonora della campagna elettorale di una candidata premier. Increddibilmente, non ha vinto!
Adesso vanno per la maggiore "Txoma Minis" che parla di "Karaka" (pic-nic con gli amici in riva al mare) soffermandosi sul fatto che il frigo sia pieno e che è già tutto pagato. Anche un'altra canzone molto amata parla di cachupa e di mangiare con gli amici. Ma si vede che qui il cibo lo mettono solo nelle canzoni, perché i fisici non rispecchiano affatto questa sorta di appetito atavico.
Il ballo che ci incanta di più si chiama "Senta no pula pula". Il ritornello dice "Senta na pula pula", e invita la ragazza ad accoccolarsi sull'uomo nell'atto sessuale. Le ragazze ballano a forza di squat e dimenano il bacino in maniera ipnotica; sembra quasi una gara a chi è più portata. L'apprezzamento maschile è dimostrato dal fatto che il DJ metta questa canzone 4-5 volte durante ogni serata. Per amor di cronaca avrei potuto postare un video, ma non amo la mercificazione del corpo femminile. Inoltre c'era poca luce e quindi non si vede nulla. Mannaggia.


A Praia i locali sono di un altro livello, com'è normale che sia. Del resto le discoteche di Biella sono ben diverse da quelle di Milano.
Ho già parlato della nostra notte al XPTO, disco pub dove delle veneri mulatte di 1 metro e 85 facevano girare la testa a questi due poveri italiani lontanissimi dagli standard per giocare in NBA.
Un paio di settimane fa siamo andati in una discoteca che si chiama Cockpit insieme al nostro amico Adreas e a Simon, italiano giramondo attualmente di stanza a Tarrafal, e ci siamo divertiti parecchio.
Ci avevano messo in guardia sulle ragazze: "guardate che i bianchi vengono presi d'assedio perché le ragazze adorano gli europei, per la loro bellezza e la loro ricchezza".
Si vede che io quella sera non trasudavo né bellezza né ricchezza perché sono rimasto solo come un cane.
Abbiamo preso un tavolino con bottiglia, perché volevamo stare più a nostro agio, dopodiché abbiamo visto un nostro conoscente al quale ho fatto l'errore di domandare "ma qui un po' di compagnia femminile?". Dopo 2 minuti eravamo circondati da uno stuolo di troione ubriache che l'Ippopotamo, il night di fantozziana memoria, in confronto era una casa di Orsoline.
Abbiamo ballato, ci siamo divertiti, abbiamo finito la nostra bottiglia di Havana Club.
A fine serata una ragazza all'apparenza un po' timida è addirittura venuta a presentarsi sussurrandomi il suo nome all'orecchio. Per inciso, parecchio strano come nome: non ho mai conosciuto nessuna che si chiamasse "cincomil escudos".

Tra poche settimane tronerò in Italia. Grazie ai miei fratelli avrò l'accoglienza che più amo: una bottiglia di Bolgheri e una di Amarone. E una flebo di fisiologica.

giovedì 5 gennaio 2017

2017 a questa latitudine

Buon anno a tutti! Che il 2017 sia prodigo di soddisfazioni, di salute e di ricchezza. L'amore è una coseguenza.

Il mio secondo San Silvestro a Tarrafal è stato per molti versi simile al precedente: lavoro, lavoro e lavoro. Però perlomeno abbiamo tratto qualche lezione dalla festa del 2015/16 e siamo riusciti a migliorare il nostro servizio.
Perché la cosa che lascia basiti delle feste qui é la completa mancanza di controllo. Migliaia di persone per la strada e che hanno come unico apparente obiettivo quello di bere e di scattare selfie.
La tradizione vuole che le donne siano vestite di bianco e ciò, unito alla pelle scura e ai fisici mozzafiato, crea un'alchimia in grado di far perdere la testa a chiunque. Anzi, quasi chiunque. Escluderei quegli asini che sono troppo impegnati a lavorare e a respingere gli assalti della parte maschile della popolazione.
Infatti, mentre le fanciulle si fanno bellissime e si fanno foto a volontà, gli uomini praticano lo sport ufficiale di queste occasioni: si sfondano di grogo.
E una volta ubriachi, molti di loro tentano fastidiosamente di coinvolgerti in conversazioni, in discussioni e in litigi. E qui la questione si fa delicata poiché generalmente parliamo di giovanotti alti, muscolosi e fortissimi. Ma alla fine tutto è andato bene e siamo tornati incolumi ai nostri giacigli verso le 6 di mattina.


Il Natale è trascorso bene e tranquillamente. Si vive il forte contrasto tra la città, con le grandi imprese e la pubblicità natalizia di forte stampo occidentale, e la provincia dove abitiamo, in cui la festa è invece occasione di riunioni di famiglia e di ricongiungimenti dall'estero.
Devo dire che è il primo Natale della mia vita in cui non ricevo nemmeno un regalo e, benché non ci faccia caso più di tanto, comunque é stato un po' strano. In 40 anni e in piena epoca consumistica, ci sono rimasto quasi male!
La notte del 24, dopo il lavoro, io e Francesco abbiamo fatto il giro degli auguri nelle case degli amici che ci avevano invitati. Siamo passati a casa del nostro amico David, assessore al turismo e allo sport di Tarrafal. Entrando in casa, dove siamo stati accolti molto calorosamente, siamo allibiti di fronte al tavolo dei dolci: un buffet di 3/4 metri completamente ricoperto di torte, frutta secca, budini, cioccolata e via discorrendo. Alcune torte saranno state alte 30 cm, veramente da cartoni animati. In casa abbiamo visto non più di 7 persone, che moltiplicate per quel buffet di dolci, da il risultato di 18 fiaschi di insulina.

Abbiamo iniziato ad organizzare con una certa continuità una cosiddetta "cena tra italiani residenti". In pratica 4 gatti più o meno italiofoni che si intrattengono piacevolmente tra pasta e vino. Durante l'ultimo di questi convivi, la nostra amica Rosi, che ha un ciringuito in spiaggia (tanti lo dicono, lei lo ha fatto!), ha raccontato questo fatto a mio avviso raccapricciante. Abitando lei, il suo compagno Giulio, capoverdiano di rara bellezza, e il loro figlioletto Noa (detto Legione) nei pressi di una panetteria, ogni notte vengono svegliati verso le 2 dal profumo del pane appena sfornato. Ne consegue che ogni notte lei costringa il povero Giulio ad alzarsi, uscire di casa ed andare a comprarle il pane, sostenendo che questo è normalissimo in una coppia. Ora, ringraziando ogni minuto il Signore che mi preserva single, ma io dico: è una cosa normale? Per completezza di informazioni, la ragazza non è incinta. 

Ho fatto il biglietto per il rientro in Italia che, come nella migliore tradizione, è gia stato cambiato, posticipato di un giorno e dovrò far scalo in Guinea Bissau e a Casablanca. Ci manca che mi facciano sorvolare lo spazio aereo dell'Ukraina e che la destinazione finale cambi in Cracovia con trasferimento a Malpensa in bus. Ma sono fiducioso, ho ancora qualche settimana perché acccada...