sabato 28 febbraio 2015

Bello bello bello in modo assurdo

Ad un mese e mezzo dal mio arrivo a Tarrafal, la mia folta chioma ha iniziato a dar segni di irrequietezza. E visto che non sono particolarmente schizzinoso in fatto di pettinature, mi sono diretto verso un salone da uomo che avevo adocchiato nei giorni scorsi.



Arrivo e trovo due giovanotti seduti su una panca davanti all'ingresso. Guardo dentro, ma non scorgo nulla che mi incoraggi ad entrare: sembra piuttosto uno sgabuzzino abbandonato al disordine. Mi guardo intorno, cerco un'altra porta, ma nulla; decido allora di chiedere ai ragazzi, che intanto mi fissano come se fossi un alieno: "dov'è il barbiere?"; mi incoraggiano ad entrare dentro lo sgabuzzino dove, in effetti, sulla destra si apre il famoso salone da uomo.



E finalmente vedo anche lui, colui al quale avrei affidato la mia bellezza: stintissima canotta dei Philadelphia Sixers, sdraiato su una panca, scalzo, a guardare Scooby Doo. Gli domando se posso tagliare i capelli, mi sorride, mi dice di sì, e mi fa segno di aspettare. Dopo un paio di minuti l'episodio del cartone animato finisce e lui, finalmente, si alza e si dedica a me. Ci presentiamo: lui si chiama Dengue (non ho capito proprio bene come si scriva, ma esiste una malattia che si chiama così e, non so perché, mi è venuta immediatamente in mente!) Mi fa accomodare, mi mette il telo addosso e mi chiede come voglio i capelli; io, gesticolando come un macaco, provo a spiegarglielo e sembra che ci  
A questo punto si gira ed esce.



Non so dove sia andato e perché, ma mi ha lasciato solo 5 minuti buoni e ne ho approfittato per guardarmi un po' intorno: poster di Che Guevara, poster di Bob Marley, un paio di cartelloni sbiaditi di acconciature, foto di ragazza non meglio identificata, foto con autografo di uomo imprecisato, impianti elettrici regolari come la laurea di Renzo Bossi, una chitarra in un angolo, 7 o 8 rasoi elettrici, qualche spazzola, diverse confezioni di spray contro i pidocchi. Ed un vago, persistente odore di canna.



Rientra quando ormai la fuga era diventata l'opzione più quotata, prende in mano un rasoio elettrico e LETTERALMENTE mi tosa. Operazione accurata ma estremamente energica, che mi ha costretto più volte a piegare il collo; ma in questa, che era ormai diventata una competizione per affermarsi come maschio alpha, ho tenuto duro e mi sono fatto onore: busto rigido e lacrime agli occhi! Quando i capelli tagliati hanno iniziato a dare intralcio all'operazione, Dengue ha iniziato a spazzolarmi virilmente il capo con una consuntissima spazzola che, ne sono certo, aveva iniziato la sua carriera come spazzola per scarpe! Per non farci mancare nulla, in seguito, l'ha anche utilizzata per spazzolarmi la barba!

Ad un certo punto entrano due persone; tra esse riconosco uno dei ragazzini che stavano all'ingresso al mio arrivo; quest'ultimo fa sedere l'altro e inizia a tagliargli i capelli. Una sorta di parrucchiere supplente che, comunque, anche lavorando è riuscito magistralmente a terminare il panino che aveva cominciato a mangiare!
Intanto il mio amico Dengue ha ultimato il suo lavoro e, dopo aver rifinito il taglio con qualche colpo di forbice, si appresta a passare il rasoio a mano libera su collo e basette. E con invidiabile scelta di tempo, il suo socio intraprende in quel momento una conversazione che ottiene l'effetto immediato di mandare fuori dalla grazia di Dio il mio barbiere che, col rasoio a pochi centimetri dalle mie orecchie e col rischio di tramutarmi in un novello Van Gogh, inizia a inveire contro l'altro con una serie di parole delle quali non ho compreso il significato, ma che dal suono somigliavano molto a quelle che gli indemoniati pronunciano durante gli esorcismi.



Colpo di spazzola e sono pronto. Mi rialzo con sollievo ma anche abbastanza soddisfatto del risultato. Il conto? 200 escudos, circa 1,80 €. Quasi quasi il mese prossimo ci torno.

giovedì 26 febbraio 2015

Mangiando sotto una palma, in grazia di Dio.

In questi giorni è venuto a trovarmi il mio amico Giorgio e ne sto approfittando per parlare un po' la mia lingua natìa. Inoltre, sto cercando si spiegargli la vita di qui per come riesco a capirla, io. Cioè poco.

Avevo già notato che molti ragazzi del posto utilizzano un cappello fatto a cuffia molto alto che sembra, per capirci, quello dei Puffi, ma lavato probabilmente in una soluzione di acqua, amido e Viagra. Il loro aspetto, di conseguenza, diventa molto simile a quello di un missile, per non voler parlare di altro! Ero curioso del perché usassero un copricapo così ridicolo e quindi ho chiesto, gesticolando come un macaco per farmi capire. Un ragazzo si è tolto il cappello e mi ha fatto vedere che sotto aveva una foresta di dreads, che qui restano sempre e comunque di moda. Ecco spiegato il motivo di una cuffia tanto capiente e del fatto che rimanesse tesa sulla testa.
Il mistero che è rimasto senza soluzione è quello che mi ha fatto notare Giorgio: perché, con questo caldo, la cuffia è spesso in pesantissima lana?





Nella spiaggia di Baia Verde, sulla sabbia, c'è un ristorante; ma è un ristorante poco convenzionale. Si tratta di una capanna, molto bassa, formata da un intreccio di foglie di palma secche, con su attaccato un cartello con scritto "Ristorante naturale". Lì davanti sta Victor, un ragazzo del posto, con un fisico da fare invidia ad un giocatore di pallanuoto, e che passa la giornata con addosso solo un paio di pantaloncini a palleggiare scalzo con un pallone che peserà quanto una palla medica. Lui sta lì, gioca a calcio, nuota, sorride a chi passa. E cucina per i più impavidi, per coloro che non hanno una passione maniacale per l'igiene.
La prima volta che l'ho visto mi sono detto: "nessuno mangerà mai il cibo preparato in quel tugurio"! Ah, che ingenuo provincialotto che sono.
L'altro giorno io e Giò abbiamo avuto la sorpresa di vedere una famiglia, padre, madre e tre bambini sotto i 5 anni, di chiara provenienza nord-europea, che tornava dal "ristorante" con un secchio (UN SECCHIO!!!) di pesce alla brace. La mamma si è sistemata sotto le palme ed ha iniziato a sfilettare e a porzionare il pesce con le mani, per poi imboccare i figli.
Se è vero quel che dicono, quei bambini cresceranno con anticorpi grandi come criceti.



Ci siamo stupiti sì, ma fino ad un certo punto. Poco prima, per il paese abbiamo incontrato due uomini che giravano con un secchio bianco, di quelli da 25 litri per pittura, pieno di tranci di pesce. Ovviamente non potevo che chiedere che pesce fosse.  Mi è stato risposto "tubarao".
Beh, non capita tutti i giorni da noi di imbattersi in una secchiata di squalo.

lunedì 23 febbraio 2015

Il piccolo schermo.

Non ho mai amato molto la TV, in particolare quella in chiaro. Ne è riprova il fatto che io stia continuando a pagare Sky anche in questi mesi poiché non voglio rischiare nemmeno per un giorno, quando tornerò a casa, di ritrovarmi a guardare Forum, o Studio Aperto, o i Bellissimi di Rete 4 (film generalmente precedenti la nascita di mio papà!).

La TV di Capo Verde era per me un'incognita. In casa non ho la televisione (che il cielo me ne scampi!), ma in hotel dove stavo prima c'è una sala tv piuttosto grande, e talvolta nei ristoranti dove vado trovo l'apparecchio acceso; sicché, curioso come sono, cerco di capire cosa guardano da queste parti.

Il grande collante è lo sport, in particolare il calcio.Stesso identico format, stessa identica conduzione (telecronista + commento tecnico), addirittura stesse partite: Liga, Premier, Serie A. E purtroppo, stessa identica Inter. L'unica nota esotica era la Coppa d'Africa, ma dopo che la nazionale di Capo Verde ha collezionato 3 pareggi in 3 partite e ha fatto così le valigie per tornare a casa, non ho avuto più modo di seguire la competizione che, mi dicono, ha collezionato emozioni e risse degne di scenari più prestigiosi!

I telegiornali capoverdiani sono molto simili ai nostri notiziari locali. Poche notizie e ripetute fino alla nausea. Si parla di piccole cose: la delibera del tal Comune, il viaggio del primo, amatissimo Cardinale di Capo Verde, il pugile locale che va in Italia a fare una gara ecc.
Di più ampio respiro sono i notiziari portoghesi, dai quali apprendo un po' di notizie europee (la solita fuffa!). Mi ha colpito che un TG portoghese è proprio identico, nella forma, nei colori, nei loghi, al TG2. Mi ha colpito, ma mi ha più rattristato.

Così a spanna, direi che i programmi più amati qui sono le telenovelas. Sono cresciuto con mia mamma che seguiva "Beautiful" (esiste ancora?) e "Quando si ama", senza mai riuscire a capire quale dei due stesse andando in onda. Stesse facce, stesse situazioni, stessi doppiatori. Per me è stata un'unica grande soap, in cui tutti si sono traditi con tutti. Da pochi mesi ho scoperto, con raccapriccio, che segue una telenovela che si chiama "Il Segreto"; ho visto, mio malgrado, un paio di episodi. La recitazione è buona, per un cast reclutato sicuramente in un canile. L'unica cosa che ricordo ovviamente non è la trama (trama???), bensì che uno dei personaggi ha la voce di Boe dei Simpson. Ho inoltre scoperto che esiste addirittura un periodico de "Il Segreto". A casa di mia mamma si trova in bagno, lì dove deve stare.
Tutto ciò per dire che non sono assolutamente in grado di giudicare la qualità delle telenovelas che guardano qui. Anzi, per quanto ne capisco, gli attori potrebbero essere latinoamericani, scandinavi o cinesi. L'effetto è che moltissima gente, sia uomini che donne, le segue incollata allo schermo; e che per guardare una di ste boiate non mi hanno permesso di vedere Juventus-Milan! Peste li colga!

Ieri sera, infine, ero a cena. In TV stavano trasmettendo una trasmissione musicale che credo sia l'equivalente di quelle che fanno da noi su Telelombardia, dove un'orchestra di liscio vestita con abiti acrilici capaci di lanciar scariche elettriche come Thor, con un cantante dal parrucchino superimpomatato e la gruccia ancora nella giacca, e una cantante scosciatissima e truccata come Donatella Versace, suona per gruppi di vigorosi anzianotti che ballano allegri o che seduti, muovono a tempo le braccia come qualcuno che sta affogando.
Qui invece c'erano alcune ballerine nella versione un po' più casta di quelle del Carnevale di Rio, che si muovevano su una musica allegra suonata dal vivo da baldi giovanotti.
Sono entrato a cena alle 20:30 e sono uscito dopo due ore; la musica non si è mai interrotta e non è mai cambiata.
Sono andato a letto presto: ero stanco io per loro!

venerdì 20 febbraio 2015

Mens sana in corpore sazio.

Trovo sempre piacevole fare un giro al mercato, soprattutto quando non cercano di appiopparmi una zitella locale. Il lunedì ed il giovedì, in particolare, è più grande, con più venditori e prodotti. La parte che mi piace di più, ovviamente, è il mercato dell'alimentare che, come nel resto del mondo, è colorato e pittoresco!

La merce è esposta su dei lunghissimi banconi e quindi non è mai ben chiaro dove finisca quella di un venditore ed inizi quella di un altro. Ne consegue che comprare un po' di frutta diventa un rito sociale. Tu per esempio guardi una papaia; si avvicina una signora e chiede se vuoi comprarla e tu le rispondi si sì. Ma la signora in realtà non è la proprietaria della papaia; sicché si articola un gioco muto tra lei, te, la titolare papaiesca e un'altra tipa non meglio identificata che sta lì a mangiare da una lattina, le cui unica regola non scritta è che tutti devono guadagnarci qualcosa, ovviamente a tuo discapito. Sembra di trattare con i Casalesi dell'ortofrutticolo.
Non ho mai nemmeno capito il rituale della "pesata". Vanno infatti a mettere ciò che pesi su di una bilancia, sull'altro piatto mettono dei pesetti, ma tu non sai né da quanto sono i pesetti, né tanto meno quanto è il costo al chilo. Sicché possono chiederti ciò che vogliono.
Morale: non ho mai pagato due volte lo stesso prezzo per il medesimo prodotto. Quando arrivo al mercato secondo me le signore mi additano ridacchiando tra di loro; l'incognita è: chissà come mi definiscono? L'italiano coglione o l'italiano gay?




A fianco del mercato c'è una zona chiamata ufficialmente "piazza della merenda", dove piccoli chioschi vendono dell'ottimo "street food". Dei "luridi", per capirci. Ma devo ammettere che sembrano molto meno luridi dei nostri paninari, almeno all'apparenza. Poi, ciò che non si vede, non si sa!
La parte del leone la fanno le grigliate: pollo e pesce cuociono su questi piccoli barbecue fin dalla mattina e diffondono un profumino che, fossero anche le 8:30, ne azzannerei a volontà per accompagnare il caffelatte! Inoltre, uno di questi chioschetti aveva scritto su un cartello "oggi cachupa"; la cachupa è il piatto tipico di Capo Verde e, mosso dallo sbrano, mi sono deciso a provarlo.
Cos'è la cachupa? Me l'avevano descritta in tanti, forse troppi. Fatto sta che non ci avevo capito granché perché ognuno dava la propria versione.
Praticamente è una zuppa di mais e fagioli che cuociono per un lunghissimo tempo e che vengono poi accompagnati dai condimenti più disparati; tradizionalmente dalla carne, credo, che viene cotta direttamente dentro. Oppure pesce, o carne e pesce insieme. Insomma, come il riso, la pasta, la polenta o il cuscus, è una base molto versatile.
A me l'hanno servita con uovo fritto e chorrizo. Buona! Spero di riuscire a digerirla prima della laurea di mio figlio!



Ieri ho conosciuto Andreas, uno svizzero-tedesco che si è trasferito qui. Personaggio simpatico e pittoresco, ne parlerò in futuro. Quello che mi diceva e che mi ha colpito è che il cibo locale è talmente sano che ti cambia la vita. Devo dargli ragione, i problemi di pressione che avevo in Italia, si sono drasticamente ridotti.



Nel dubbio ieri avevo voglia e mi sono fatto gli gnocchi!

martedì 17 febbraio 2015

Il mio grosso, grasso martedì Creolo.

Oggi è il 17 febbraio ed è esattamente un mese che sono qui a Tarrafal.
Domani iniziano quindi il mio secondo mese di permanenza a Capo Verde e la Quaresima. Cerco di vederci un nesso ma non lo trovo.

Anche qui oggi è l'ultimo giorno di Carnevale, domani sarà festa poiché il mercoledì delle ceneri lo si usa passare in famiglia per un pasto tradizionale.
Sono entrato in contatto cl Carnevale quando soggiornavo ancora all'hotel Cachoeira; dalla piazza di fronte, dove c'è un centro ricreativo per ragazzi, proveniva una canzone orecchiabile e molto allegra. Mi sono informato dalle ragazze della reception e mi hanno detto che si stava preparando il Carnevale dei bambini. Che cosa bella, che popolo allegro!
Dopo però aver ascoltato due, tre, quattro, cento volte la stessa, medesima, sempre uguale canzone, ho iniziato a simpatizzare sempre meno per i bambini e sempre più per Erode. Minimo minimo, ho pensato, se stanno provando un balletto con questa musica a Carnevale mi godrò una coreografia che nemmeno Brian, Garrison e Iapino messi assieme.
Bene: sfilata dei bambini, decine di canzoni (tra cui "Il coccodrillo come fa?" in portoghese), ma non quella che aspettavo. Senza parlare del fatto che, vista l'allegria del corteo carnevalesco, probabilmente nella macchina di testa ci sarà stato qualcuno vestito elegante e sdraiato.



Oggi i festeggiamenti in paese sono continuati. Ho trovato molto piacevole la sfilata, i balli, la musica ed in generale il clima di divertimento senza eccessi. Ma devo dire che mi ha parecchio colpito vedere un Carnevale senza ubriachi, senza risse, senza nemmeno un calcio a tradimento! Non ero pronto, sono abituato ad altro. Certi paesi devono ancora far molta strada, prima di poter essere definiti civili.
E comunque, senza Sergio Cresta non è Carnevale!




Ieri sera sono stato invitato da amici a vedere musica dal vivo davanti ad un bar e devo dire che mi è piaciuto molto. Musica allegra ma romantica, che ricorda molto quella brasiliana. Probabilmente perché con quella brasiliana ha in comune la lingua e il fatto che di conseguenza io non ci capisca nulla. Se i musicisti mi avessero insultato per due ore, non me ne sarei accorto!
Bevendo birra in bottiglia (0,90 €), oppure un ponce a base di cocco e menta che non augurerei nemmeno ad un nemico, la ragazza sedutami di fianco ha provato a spiegarmi la differenza tra i vari generi musicali locali. Vedendo che non capivo (le canzoni mi sembravano davvero tutte uguali), ha fatto la faccia perplessa di chi sta parlando con uno stupido; ferito nell'amor proprio, le ho fatto ascoltare sul cellulare una polka e una mazurka chiedendole se capiva la differenza e lei ovviamente non c'è riuscita. L'ho avuta vinta io, ma in seguito, ripensandoci, mi sono vergognato molto.
Non pago, ho provato a spiegare cos'è il mojito. La conversazione mi è sfuggita di mano e, di esempio in esempio, ha toccato Hemingway, il premio Nobel, il Vecchio e il Mare, Cuba, Fidel Castro e i sigari. Alla fine mi sono arreso e ho offerto un giro di Capirinha (1,50 € circa).
Dopodiché, spinto dall'ebbrezza musicale, sommata a quella alcolica, non so perché mi sono trovato a tentare di spiegare cos'è la SIAE. Dopo 5 minuti che parlavo, e che al tavolo mi guardavano allibiti, un ragazzo mi ha chiesto a cosa servisse di preciso questa SIAE.
Ci ho pensato bene, ma non ho saputo rispondere.

domenica 15 febbraio 2015

Un fisico da scaricatore di porno!

Nell'ultima settimana sono andato a correre un paio di volte al tramonto; riprendere è faticoso, ma l'inattività, unita al fatto che mangio ogni giorno l'equivalente del PIL di Andorra, mi rende un po' pesantuccio. Tocca rimediare!

I capoverdiani amano lo sport. L'avevo notato durante i miei viaggi precedenti, quando ho visto qui a Tarrafal centinaia di persone allenarsi in spiaggia, o a Praia, dove altre centinaia correvano sul lungomare. In entrambe le città vi sono piccole "palestre" all'aperto per allenarsi da soli, con sbarre, anelli e altre cose di cui io non saprò mai il nome. E sono molto utilizzate.
Non voglio dire che qui, rispetto all'Italia si faccia più attività fisica. Solo che a Tarrafal, visto il clima, si fa all'aria aperta quindi è evidente! Da noi magari gli atleti sono tutti chiusi nei centri fitness, ma avendo io ricevuto il DASPO dalla Federazione Italiana Fitness, non posso saperlo!

I risultati fisici sono palesi. In generale i ragazzi capoverdiani sono molto belli: piuttosto alti e slanciati, bei fisici, pettorali a 18 pollici, tartarugona. Se poi hanno anche qualche altra qualità nascosta, al momento mi sfugge. E spero che continui a sfuggirmi, e io a sfuggire a lei!
Se aggiungiamo al fisico impressionante anche un sorriso sempre aperto, gli occhi spesso tendenti al verde ed un carattere veramente allegro e cordiale, ce n'è a sufficienza per giustificare tutte le mie ex colleghe che hanno perso la testa per giovanotti del posto.
Oltre che l'attività fisica, sicuramente anche l'alimentazione aiuta: frutta, pesce, riso e verdura sono la base. Poca carne, quasi esclusivamente pollo. Pochi dolci, pochissimi alcolici.
Il contrasto con la mia sana dieta a base di lasagne, alcol, panini alla mortazza e pasta al pesto,il tutto seguito da un tuffo sul divano, si legge nelle forme. Fisico a trapezio per entrambi; ma io a trapezio classico, loro a trapezio rovesciato.
Inoltre qui ho scoperto il "Pao de coco": un morbidissimo panino dolce contenente farina di cocco e probabilmente droga, poiché non si riesce a smettere di mangiarlo. Costa circa 25 cent di € ed è sicuramente dietetico!



Le ragazze, invece, tendono al "gordo". Meno attive nello sport, forse; o semplicemente per costituzione o perché figliano piuttosto presto, le ragazze qui spesso presentano la stessa caratteristica che il Cavaliere ha tanto cavallerescamente sottolineato nella Merkel. Non vuol dire che non ci siano belle ragazze, per carità! Ma la bilancia pende decisamente a favore dei maschietti!

L'aspettativa di vita non è affatto male per essere in Africa, anzi! Inoltre gli anziani dimostrano molti anni in meno rispetto a quelli effettivi.

Un popolo in forma, quindi. Vedremo tra un annetto, dopo che avrò portato sull'isola la cultura della pastasciutta! Mens sana in corpore grasso!

giovedì 12 febbraio 2015

Benedetto il Kobo!

La mia vita mondana a Tarrafal non si potrebbe sicuramente definire frizzante. Un po' per le mie difficoltà linguistiche, un po' perché mancano le occasioni canoniche di socializzazione per un occidentale, per il momento devo dire che non ho una larghissima cerchia di conoscenze.
Niente da dire dei capoverdiani, anzi. Simpatici, disponibili e sorridenti; ma allo stesso tempo con quella rispettosa discrezione che se da un lato apprezzo molto, dall'altro mi rende più lunga questa prima fase di acclimatazione (vocabolo che esiste, ho controllato!).
Ovviamente le persone con le quali ho legato di più sono quelle con le quali ho avuto contatti per motivi di lavoro. Gli inviti a cena a casa loro sono all'ordine del giorno. A volte accetto, a volte declino: preferisco prendere un po' più di sicurezza con il portoghese per evitare di fare gaffes e magari, per cercare di fare i complimenti per un piatto, finire per muovere involontariamente avances alla padrona di casa!

Da sempre amo leggere; qui, complice l'assenza della TV (che non mi manca per nulla!), ho modo di sbizzarrirmi. Non avrei mai potuto caricare in valigia tutti i libri che sto divorando; ma grazie al cielo vivo nell'epoca degli ebook readers e un potenziale problema è risolto sul nascere.
La misura della mia vita sociale qui può tradursi in questo dato: in 26 giorni ho letto:

La guerra in Europa dal Rinascimento a Napoleone - A. Barbero
Il sorriso di Angelica - A. Camilleri
La tripla vita di Michele Sparacino - A. Camilleri
Un covo di vipere - A. Camilleri
Una lama di luce - A. Camilleri
Una voce di notte - A. Camilleri
Il bizzarro museo degli orrori - Dan Rhodes
Le fiabe di Beda il Bardo - J. K. Rowling
Giocare da uomo - J. Zanetti
A volte ritornano - S. King
Il nome della rosa - U. Eco

Sono in corso di lettura:

Il sergente nella neve - M. Rigoni Stern
Open - A. Agassi

Generalmente gli adolescenti tendono a peggiorare il loro rendimento scolastico quando scoprono le ragazze. Auguro alla mia abnegazione per la lettura il medesimo decorso.

mercoledì 11 febbraio 2015

Trasporto: mezzi e mezzucci.

La strada che unisce Praia a Tarrafal e che taglia da un'estremità all'altra l'isola di Santiago, la maggiore di Capo Verde, é, con i suoi circa 70 km, la più lunga dell'arcipelago.
La prima volta che sono stato qui, mi stupii per la qualità di questa strada. Larga più o meno come una statale a due corsie e con l'asfalto perfetto, in alcuni rettilinei sembrava quasi che invitasse a correre. Ho notato infatti, quando son tornato quest'ultima volta, che sono stati messi numerosi cordoli di rallentamento.
Per via di questi cordoli, per il fatto che la strada attraversi diversi centri abitati e poiché in alcuni tratti collinari presenta molte curve, per percorrere questi 70 km  ci si impiega circa un'ora e mezza.

Il numero di auto pro-capite a Capo Verde è molto più basso che in Italia. La benzina per esempio costa poco più di 120 escudos al litro (prezzo imposto) cioè più di un euro per litro. In un paese dove lo stipendio è mediamente un decimo che in Italia, le proporzioni sono facili da fare.
Quindi auto poche, ma, quelle che girano, io non potrò mai permettermele in vita mia!
Ciò dipende un po' dal fatto che qui i ricchi sono davvero ricchi. Ma anche dal fatto che Capo Verde sta diventando un nuovo crocevia della droga proveniente dal Sudamerica e diretta in Europa.

Perciò, in attesa di finire in galera per via di qualche ovulo di cocaina galeotto, come può un povero italiano, per il momento sprovvisto di auto, girare l'isola?
Opzione numero 1: Taxi o NCC (noleggio con conducente). Ma visti i costi, secondo me sono iscritti al sindacato tassisti milanesi.
Opzione numero 2: noleggio auto. 30 € circa, tariffa ragionevole. Però partire da Tarrafal, andare a Praia, spaccarsi la faccia in un locale con musica dal vivo e dover riattraversare l'isola con le incognite alcol + strada buia, potrebbe avere un solo epilogo: un necrologio in creolo su "Il Corrier de la Tarde"
Opzione numero 3: il minivan. Mi spiego: esistono decine di minivan, da circa 10 posti circa, che fanno la tratta Praia-Assomada-Tarrafal e ritorno, toccando cioè le tre più grandi e popolose città dell'isola oltre a fermarsi in un'infinità di piccole località lungo la strada. In questo caso il costo a persona è piuttosto basso, ma, va da sé, che per il conduttore-proprietario è conveniente partire con il veicolo pieno. Qui è in auge una tecnica: il conduttore assolda un amico o conoscente e continua a girare per la città mentre quest'ultimo chiede a tutti se cercano un passaggio. Il fatto è che questo tizio è molto spesso piuttosto aggressivo nei modi. Più di una volta non sono riuscito a capire se le persone imbarcate avessero davvero necessità del viaggio o se piuttosto fossero state caricate di forza, sperando magari di trovare in seguito un passaggio per il ritorno.
Ho fatto una volta questo viaggio, stipati in 15, tra adulti, bambini e bacinelle. Direi che, complice il mio mal d'auto, per questa vita sono a posto così.

Che dire. Resterò a Tarrafal. E non mi lamento: qui non si vede il Festival di Sanremo!!!

martedì 10 febbraio 2015

Il vulcano.

Capo Verde è un arcipelago formato da 10 isole. La più grande è quella su cui mi trovo, Santiago.
Tra le altre isole, una delle più famose, anche per la cronaca recentissima, è l'isola di Fogo. Essa ha questo nome per via del suo vulcano, alto oltre 2 km, e conosciuto per essere tra i più attivi del pianeta. La sua lunghissima eruzione iniziata a novembre ha fatto il giro del mondo (ovvio, per chi non si limita a Studio Aperto).

Stasera, come faccio spesso, mi sono goduto il tramonto sul mare.
E con grande emozione ho visto emergere tra le brume dell'orizzonte la sagoma del vulcano. Ho provato una sensazione molto forte di meraviglia e impotenza.
Non ho altre parole da aggiungere.



lunedì 9 febbraio 2015

Un lunedì al mercato.

Il lunedì mattina Tarrafal si presenta assai vivace.
Vivacità assai più evidente se paragonata al "fim de semana" decisamente tranquillo, forse perché le funzioni religiose e i pasti in famiglia catalizzano le persone.
Il risveglio dal letargo del week end è frenetico, ma di una frenesia ben diversa da quella che si vive dalle mie parti. Tanta gente in giro che però, sebbene indaffarata, sorride e si dimostra sempre aperta ai rapporti con gli altri.
Uno dei segreti, secondo me, sta nel nome che qui viene dato ai giorni.
Dopo Sabado e Domingo, infatti, i giorni sono chiamati Segunda-feira, Terça-feira, Quarta-feira, Quinta-feira e Sexta-feira.
Capito? Partono da "Segunda". Saltano praticamente il lunedì! Per questo sono allegri, i paraculetti!

Il lunedì mattina c'è molto movimento davanti agli sportelli della Western Union; molte famiglie vanno a ritirare i soldi spediti dai parenti che lavorano all'estero. Questo benessere si trasmette anche sul mercato, che infatti stamane era particolarmente ricco e movimentato.
Mi ha colpito da subito vedere che all'ingresso c'erano delle ragazze con un cestino sottobraccio e che vendevano... pasticche! Ma pasticche proprio, medicine, blister di compresse, supposte! Non padroneggio a sufficienza la lingua da poter chiedere se servisse la ricetta!
Entrando, frutta, verdura, pesce, tutto ciò che ci si aspetta da un mercato africano... ma con i prezzi italiani.



Una signora mi ferma. Vende frutta e verdura e mi chiede se mi serve qualcosa. Chiedo un cespo di insalata, e inizia a mettermene tre o quattro. Le dico che sono troppi, che io sono "soltéro", per dire che vivo solo, l'insalata è troppa.
Purtroppo "soltéro" significa anche "scapolo". Si è creato il finimondo. Ha chiamato una sua nipote dal banco di fronte, dicendo che mi potevo "casar" con lei, e mi sono trovato circondato da 5 o 6 donne che mi chiedevano età, cittadinanza, codice fiscale, qualunque cosa, perorando il matrimonio con la giovane nipote dell'ortolana.
Che, guarda caso, era nubile. E, guarda caso, non mi era difficile capire perché.
Mi sono divincolato distribuendo sorrisi come un croupier distribuisce le carte dal mazzo; dopo pochi passi, una signora mi propone di acquistare una gallina.

Non ho potuto fare a meno di fare il paragone: la gallina vince a man bassa!

sabato 7 febbraio 2015

Questione di memoria.

La baia di Tarrafal ha probabilmente la spiaggia più bella dell'isola; per alcuni, è addirittura la migliore dell'arcipelago.
Io non posso pronunciarmi perché non ne conosco molte altre. Ma di sicuro, una serie di fattori la rendono particolarmente adatta alla vita da spiaggia, vuoi per il vento mai troppo forte, vuoi perché è protetta dalle onde dell'oceano. Guardando il mare sulla destra, si sviluppa un bel promontorio roccioso; il percorso è abbastanza tosto, ma si può giungere fino al faro che sta in punta.
Oggi ho deciso di andarci.



In realtà avevo già fatto questa esperienza, lo scorso Luglio, trascinato dal mio amico Edi. Il problema sta nel fatto che il sentiero è impegnativo, lui è uomo di montagna e io sono uomo da divano. Maledicendo Edi ad ogni passo, mi ripromisi che non avrei fatto mai più quella sfacchinata.
Oggi, vuoi perché l'inattività forzata mi pesa, vuoi perché gli stupidi hanno poca memoria, ho rinnegato il mio saggio proposito e mi sono dato alla scalata.
Dopo poche centinaia di metri, non avendo Edi da maledire ed essendo prossima la domenica, mi ero già portato parecchio avanti con la liturgia agiografica.

Il sentiero è da subito impervio, ma mi colpisce per l'assoluta pulizia. Non una cartaccia, non una bottiglietta, non una lattina. L'unica cosa che si trova per terra, e in gran numero, sono gli escrementi degli animali al pascolo. Viste le dimensioni della cacca, qui dev'essere molto diffuso l'allevamento di brontosauri.
In un tratto in mezzo agli alberi ho la fortuna di imbattermi nella bellissima Passerina di Capo Verde; un uccellino molto grazioso, tipico di queste parti, dalle ali striate di blu elettrico. Trovare la Passerina non è difficilissimo, ma bisogna faticare un po' (come in Italia, quindi).

Continuo la mia salita ormai sudato copiosamente e una mosca continua a ronzarmi attorno alla faccia. Mi chiedo come mai, con tutto lo sterco che c'è in giro, debba posarsi su di me. Poi decido che preferisco non saperlo.
Tutte le fatiche vengono dimenticate quando si spalanca di fronte a me lo spettacolo del mare aperto. Resto senza fiato, per me è una delle cose più belle del mondo. Non posso descrivere a parole il "respiro" del mare, ho preferito fare una foto.
Purtroppo, il grande difetto della fotocamera dell'Iphone è che rende molto piccolo tutto ciò che è lontano, allo stesso modo in cui rende molto grande tutto ciò che è vicino. Sarà per questo che resta lo smartphone preferito degli onanisti 2.0 (sì, lo so, ce l'ho anche io gnegnegne).



Dopo un paio di chilometri trovo un inaspettato traffico. Una ventina di mucche si sono impadronite del sentiero. A destra il percorso è scosceso, a sinistra scende troppo ripido. E io, nonostante un'infanzia sufficientemente bucolica, non sono in grado di far obbedire una mandria di bovini ai miei voleri. Insomma, non c'è modo di proseguire. Decido mio malgrado di rinunciare, dopo circa 3 chilometri, ripromettendomi però di riprovare l'impresa appena mi sarà svanito il ricordo di oggi!



Al ritorno, proprio all'inizio del sentiero, incontro una coppia sessantenne di tedeschi che, gentili e sorridenti, mi chiedono com'è il percorso per il faro. Altrettanto sorridente, rispondo che è agevole e sgombro. Mi ringraziano e si inerpicano.
Allo scorso Oktoberfest sono stato trattato molto molto male. Questo, almeno, non lo dimentico.

giovedì 5 febbraio 2015

Piccoli atti di vita quotidiana.

Da bravo italiano medio, mi viene spontaneo fare il raffronto tra le varie situazioni che sto scoprendo qui a Tarrafal e quelle del mio paese. Per poi dirmi, tutto soddisfatto, "questo è uguale" oppure "questo è diverso dall'Italia".

Oggi, per esempio, sono stato in banca per aprire un conto corrente per la società. La gestazione è stata piuttosto lunga, a dire il vero.
I capoverdiani amano la burocrazia; anzi, la adorano proprio. E io che pensavo che non avessimo nulla da imparare in questo settore.
Comunque mi sono sentito un po' Asterix alle prese con il lasciapassare A38. Stamane entro alle 10:39 in banca, con tutti i documenti a posto (ero già stato rimbalzato due volte). Il mio numero era il 22, servivano il 15. A mezzogiorno, eravamo ancora fermi al 16. Passo verso le 12:30 e la gentile signora mi fa notare che manca un documento; preso dal panico, non volendo assolutamente rifare la fila, le dico di iniziare a compilare i suoi moduli e vado di corsa a procurarmi ciò che mancava.
E di roba ce n'è tanta, se si considera che, per aprire un conto, chiedono anche il nome, la data di nascita e la professione dei genitori!!!
Esco alle 12:45, affamato ma vincitore. E tutto questo per poter dare alla banca dei soldi; non voglio neanche immaginare se dovessi chiederglieli!

Nella zona di Tarrafal dove vivo, ho contato 11 minimarket (che comunque qui rappresenta la forma più strutturata di commercio).
E sono tutti, e dico tutti, di proprietà di cinesi.
La prima cosa che ho pensato è stata "Ma allora i cinesi non sono solo in Italia e, in misura minore, in Cina!".
Dopodiché si è posto il problema: come comunicare? Il cinese generalmente parla molto male qualsiasi lingua locale.
Se poi andiamo a considerare che il mio portoghese, attualmente, è ad un livello che è a metà tra un bambino brasiliano di 3 anni ed una scimmia ammaestrata del circo di Lisboa, l'impresa si presentava ardua. Mi sono aiutato con i gesti.
Quella che per me è stata una transazione commerciale, per un osservatore casuale doveva apparire come un rituale di corteggiamento di qualche tribù ferma al paleolitico.
Fatto sta: alla fine sono uscito senza ciò che cercavo, ma con una confezione di non meglio identificati legumi, o cereali, che somigliano in maniera inquietante a denti umani.
Vedremo di che sanno.

mercoledì 4 febbraio 2015

Segnali di stile.

Tra il 1998 e il 1999 ho lavorato a Zanzibar, in quella che è stata la mia prima vera esperienza all'estero.
Ne serbo un bellissimo ricordo: la gente era veramente magnifica e fu naturale per me fare amicizia con molti di loro.
Pochi giorni prima di partire, un ragazzo del posto che lavorava al bar e del quale ricordo ancora il nome, Suleman, mi fece una domanda alla quale non seppi rispondere.
Le sue parole furono più o meno queste: "Noi qui non abbiamo molto, siamo poveri. Ciò nonostante ci vestiamo al meglio delle nostre possibilità, ci pettiniamo e curiamo la nostra immagine. Voi invece, che siete ricchi, vi vestite trasandati. Perché?"
Di sicuro appariva incomprensibile, per lui, che per noi fosse motivo di vanto e orgoglio l'esserci africanizzati, girare scalzi, vestire con abiti o accessori zanzibarini quando loro, invece, anelavano ad essere più occidentali possibile.

Prima di trasferirmi qui, mi sono ricordato delle parole di Suleman, ed ho fatto bene.
Come ho già scritto, i capoverdiani sono molto curati nel vestire, nonostante siano palesemente meno agiati di noi; capita spesso per esempio di vedere uomini, anche di una certa età, che indossano un completo. Un completo! Con il caldo che fa!
La prima volta che sono stato qui, nel 2013, avevo un appuntamento, insieme ai miei amici, col Sindaco nel suo ufficio al Municipio. Si moriva di caldo, ed io ero ovviamente con i pantaloni corti. Ebbene, sono dovuto tornare in hotel a cambiarmi per mettere quelli lunghi, altrimenti non sarei potuto entrare.

Questa lunga premessa solo per giustificare gli occhi con cui guardo i pochi europei, tra cui pochissimi italiani, che hanno fatto la scelta di trasferirsi in questo paradisiaco lembo di mondo.
Ho conosciuto una ragazza; simpatica e gentile, per carità, e sembrava anche felice di poter parlar la sua lingua madre. Anzi, ho creduto dapprima che l'avesse in parte dimenticata per via della lunga permanenza a Capo Verde. Poi invece, è emerso che vive qui da 4 mesi appena, che le manca Bergamo; e che nulla, l'italiano non deve mai averlo parlato troppo bene. Si è "africanizzata" molto bene. Dell'Africa mi ha trasmesso la scarsità di acqua (!) e l'abbondanza di primati pelosi (Signore, ti prego, fammi dimenticare quelle ascelle!!!).

Forse la verità è che l'Italia è un paese talmente alla moda, che appena ne usciamo siamo felici di poterci lasciare andare. Anche troppo.

Capita spesso che un italiano di ritorno da New York, riferisca: "Lì puoi vestirti come vuoi che nessuno ti guarda!"
Ma come direbbe il mio amico Alfonso Buscemi: "Ma ora sei in Italia, vai a cambiarti che fai schifo!".

Boa Noite - Allegato

Il fenomeno, visto dalla mia finestra.
In attesa di ultimare la Generale Lee, martella allegro e spensierato una sedia!


martedì 3 febbraio 2015

Boa Noite.

Il mio appartamento a Biella si affaccia su una piazza già trafficata alle 5 del mattino. Quindi, mio malgrado, venivo svegliato molto presto dai rumori della strada. Mi lamentavo. Sciocco ingenuo.

Questa è l'ultima notte nell'hotel Cachoeira di Tarrafal; da domani dormirò nel nuovo alloggio affittato dall'azienda.
Mi immaginavo qui delle grandi dormite, la zona è tranquilla, in riva al mare, tra la natura e gli animali. E proprio loro, gli animali, si sono rivelati i nemici del mio sonno.

Tarrafal conta moltissimi cani randagi. Sono innocui, interagiscono tranquillamente con l'uomo e tra di loro, non sono affatto aggressivi e al massimo ti guardano con occhioni da attore consumato mentre mangi.
Passano praticamente tutto il giorno a sonnecchiare. Ma la notte no. La notte abbaiano.
I primi 5 minuti di latrati generalmente sorrido, perché mi torna sempre alla memoria la scena del telegrafo dei cani ne "La carica dei 101".
Dopo mezz'ora, mi sono già solennemente ripromesso di girare la città, il giorno successivo, per svegliare di soprassalto tutti i cani che trovo addormentati.
Dopo un'ora, ho deciso di comprarmi un leone da lasciare brado di notte dalle parti dell'hotel.

Se i cani sono randagi, l'animale domestico per eccellenza qui a Tarrafal è il gallo. Ogni famiglia ha un pollaio, e in ogni pollaio spadroneggia lui, il signore della notte.
Perché la storia del gallo che canta al sorgere del sole, come ce l'hanno propinata da fanciulli, è una fandonia. Il gallo canta sempre!
Ieri notte mi sono messo, per curiosità, a contare i "chicchirichì" del gallo del mio vicino, per capire quanto tempo ci avrebbe messo a seccarsi quella maledetta ugola. Dopo 40 minuti, al ritmo di un "chicchirichì" ogni 30 secondi circa, avevo ormai elaborato una complessa teoria: esiste un'associazione massonica di pennuti, impegnata, grazie a turni organizzati con  elvetica precisione, a cantare tutta la notte, privando gli uomini del giusto sonno allo scopo di impadronirsi del mondo!

Alle 6 suona la campana della chiesa. Solo alle 6. Non alle 5, alle 7 o alle 8. Alle 6.
E probabilmente mi sarò perso qualcosa nel cambio Euro/Escudos/Fuso Orario, perché la campana batte 9 tocchi; forse per assicurarsi che io sia ben sveglio!

Infine, una riparazione accettabile potrebbe essere la pennica dopo pranzo. Gustosa e che amo particolarmente. Ma no! Non si può! La finestra del mio hotel si affaccia su di un cortile trasformato in officina, il cui proprietario sta riparando una macchina. Il genio deve sapere qualcosa che io non so, perché per riparare carrozzeria, motore, cerchi, interni, usa un solo strumento: il martello. Se le maledizioni funzionassero, sarebbe morto in almeno 5 universi paralleli!

Vedremo come passerà questa ultima notte. Da domani dovrò cercare nuove cose di cui lamentarmi!

lunedì 2 febbraio 2015

Piccoli business.

La prima impressione, si sa, è importante.
E fin dalla mia prima volta sull'isola, ho avuto modo di farmi un concetto diverso da quello che i miei pregiudizi mi dettavano. Parlo soprattutto della gente.
Educata, vestita con dignità, affaccendata, attenta e cortese nei rapporti interpersonali. Gentile ma mai invadente.
Sto generalizzando, lo so, ma la differenza rispetto ad altre mie esperienze africane è palese. Non ho visto mendicanti, né quello sfruttamento disperato del turista tanto diffuso altrove.
Non sto dicendo che non ci siano poveri, per carità. Ma la mia percezione è che il tenore di vita di queste persone sia buono.

La cause sono molteplici, e magari ne scriverò in un altro momento.
Quello che mi colpisce, qui come altrove, è la micro attività commerciale; ma proprio micro micro. E che ha come unico limite la fantasia. Del resto, noi italiani siamo stati per decenni maestri nell'inventare fonti di reddito!

Di fronte alla spiaggia, stazionano all'ombra di un albero 4 o 5 donne, con bacinelle piene di noci di cocco. Stanno lì dalla mattina alla sera e offrono, ai turisti che vanno in spiaggia, "Agua de coco!".
Con sorridente caparbietà, ogni volta che passo, una di esse mi si avvicina e mi propone la sua "Agua de coco". Che purtroppo, essendo una bevanda analcolica, non rientra nei miei gusti. Una volta ho dunque risposto: "Io l'agua de coco la bevo solo col rum". E la signora sorridente: "Non c'è problema. Vai a comprare il rum, io ti aspetto con l'agua de coco".
E così ho fatto. Non potevo a questo punto esimermi.

In questo periodo si gioca la Coppa d'Africa di calcio, molto seguita qui, poiché vede impegnati gli amatissimi "Tiburones Azules", la nazionale di Capo Verde.
Come da manuale, nella piazza principale qualche sera fa era montato un maxi schermo e centinaia di persone stavano seguendo in piedi l'incontro.
La mia attenzione viene colpita da una signora, avrà avuto sui 70 anni, che girava tra le persone offrendo qualche cosa che non riuscivo a capire. Mi sono avvicinato: aveva una borsa grande, come quelle dell'Ikea, con dentro due sgabelli. Stava offrendo posti a sedere, per l'equivalente di 50 centesimi di euro!
La partita è finita 0 a 0. Spero che la signora abbia avuto miglior fortuna.

domenica 1 febbraio 2015

Un'isola a forma di pera.

Oggi è il 1 Febbraio. Un mese che mi piace, forse perché in Febbraio compio gli anni, o forse perché da sempre lo considero un mese di cambiamento.
Da due settimane mi trovo a Tarrafal, isola di Santiago, arcipelago di Cabo Verde, Africa occidentale.
Un'isola a forma di pera, l'isola della capitale, Praia.
E al nord-ovest dell'isola, dove dovrebbe all'incirca trovarsi il picciolo di questa pera inclinata, sta Tarrafal.
Sono qui per avviare un'attività commerciale, più precisamente un resort, con ristorante, bungalow, spiaggia attrezzata, annessi e connessi.
Al momento, sono impantanato in lungaggini burocratiche che quanto meno non mi fanno sentire lontano dall'Italia.

Ho già avuto modo di lavorare in altre zone turistiche dell'Africa, per cui avevo delle aspettative su ciò che avrei trovato, come posti, come gente, come vita, come dinamiche.
Ad oggi, si è rivelato tutto sbagliato.

Voglio scrivere qui di questo posto e di questa esperienza, di ciò che mi sembra sconosciuto e che poi scopro familiare, di ciò che mi sembra di conoscere e che invece si rivela completamente nuovo.
Perché in fondo oggi, 1 Febbraio, io sono in spiaggia, al sole. E non è poco.