lunedì 30 marzo 2015

On the road

Oggi mi trovo a Praia, la capitale di Capo Verde, per i soliti, entusiasmanti motivi burocratici. Questa mattina quindi, con partenza alle 7:30, mi sono sobbarcato il viaggio da Tarrafal, sulla strada che taglia l'isola e alla quale già in precedenza ho dedicato qualche parola.


Da Tarrafal, che si trova sul mare, si deve attraversare praticamente tutta l'isola di Santiago che, nell'entroterra, presenta delle alture non da ridere. Ne consegue che i 70 km di strada sono tutti curve, salite, discese, tornanti. Se si considera che poi, aldilà dei centri urbani, praticamente lungo tutto il percorso sorgono abitazioni e piccoli agglomerati di case, con il patrimonio umano e animale annessi, ne consegue una difficoltà di guida livello GTA 6.
Usciti da Tarrafal, ci si inerpica subito sulla salita che attraversa la sua parte alta, Chao Bon, e che continua a salire fino al Parque Serra Malagueta (1040 m. slm); non ho ancora visitato questo parco, che pare sia molto bello. Forse perché arrivando da Biella, mi sembra assurdo andare a vedere un parco di montagna a Capo Verde. Comunque qui la strada taglia la montagna e spesso, nel percorrerla, si attraversano le nuvole. Pittoresco!
Prima di arrivare al parco, comunque, si respira la vera essenza rurale di Tarrafal, città a vocazione agricola essendo i prodotti della terra, insieme alla pesca, la maggior risorsa economica. Sul bordo della strada si vedono diversi bambini impegnati ad aiutare nel lavoro dei campi; oggi mi hanno colpito due bambine, di circa 10 e 13 anni, che spingevano carriole cariche e LETTERALMENTE grandi quanto loro. Sarebbe facile fare del populismo e dire che da noi i giovani di oggi non si sognerebbero mai di spingere una carriola; ma la verità è che nemmeno io, che non appartengo lontanamente alla categoria giovani, da adolescente ho mai avuto a che fare con una carriola (se non nei miei sogni, ma di ben altro genere). A quella età, bisognerebbe andare a scuola, semplicemente.

Dal parco della Serra Malagueta in poi, si scende un po', poi si sale, per Assomada, si scende e si sale altre due volte e si arriva infine a Praia. Per tutto questo percorso (asfalto senza una buca, una sola!), gli elementi a cui deve stare attento un povero conducente sono: cani, galline, capre, muli (che vanno in giro carichi e soli, avranno il GPS), mucche, bambini che corrono, cordoli di rallentamento, bici, mezzi in retromarcia, autostoppisti, donne con bacinelle strapiene sulla testa, corridori (vanno sparati in salita, con le Superga ai piedi, Sant'Abebe Bikila!), scolari che camminano bordo strada, bruciatori di sterpaglie, venditrici di porco fritto, bambini che vendono frutta.
Rispetto a noi, forse per le molte e forti salite, pochissimi ciclisti: sintomo questo a parer mio, soprattutto di domenica, di netta superiorità culturale!
Dalle parti di Assomada ho beccato per ben due volte un tizio, una volta vestito da suora, un'altra da soubrette. Insondabili misteri d'Africa.


Nei tratti in cui la strada taglia la montagna, la vista è favolosa: alture e panorami che ricordano il mondo di Road Runner e Willy Coyote. Le pareti dove la montagna è stata scavata, però, non hanno le reti protettive in metallo, per cui è molto facile vedere sassi staccatisi e caduti dall'alto, alcuni anche di qualche chilata! Ma finché li vedo già a terra, va bene!

L'arrivo a Praia è sempre pieno di promesse. Ma di questo parlerò un'altra volta. Ora ho bisogno di trovare un posto dove mi hanno detto che sanno fare dell'ottimo mojito...

sabato 28 marzo 2015

Le cose che capitano.

Due giorni fa sono andato nuovamente a tagliarmi i capelli, ma il mio spirito di avventura mi ha portato a cercare un altro "Salão", visto che qui l'offerta è molto ampia.
Ne ho scelto uno a ridosso della macelleria, dove dei quarti di animali non meglio specificati stavano decorativamente appesi, nella speranza che le due attività commerciali non fossero in collaborazione! O che, quantomeno, il lavoratore e gli strumenti fossero diversi.
Entrando ho provato la stessa emozione che si vive da noi quando si va dai parrucchieri cinesi: vedi cinque persone e non sai quale di esse si prenderà cura di te. Mi è toccato un signore sui 45 anni, maglietta da calcio, berretto da baseball bianco e, soprattutto, con quei modi raffinati che tanto spesso ci si aspetta dallo stereotipo di categoria.
Risultato: con una combinazione di rasoio elettrico e forbici da cartoleria, mi ha combinato il peggior taglio della mia vita! Per esempio, io in fronte ho una rosa e lui l'ha recisa esattamente come si farebbe col fiore; ad un certo punto, senza preavviso, ha iniziato a tagliarmi la barba. Ciò mi ha permesso di scoprire che finalmente riesco a farmi capire bene, perché quando gli ho urlato "ma che cazzo fai?", sono certo che abbia compreso perfettamente.
Ora il mio look è in fase di transizione. Sembro Michael J. Fox a metà della trasformazione in "Voglia di vincere".

I mezzi pubblici qui sono per lo più di due tipi: mini-van da una decina di posti, e furgonati che, sotto il telo, ospitano due panche.
I primi sono utilizzati per viaggi lunghi, soprattutto sulla tratta Tarrafal-Assomada-Praia, e costano qualche centinaio di Escudos. I secondi, invece, sono in genere utilizzati come collegamento tra il centro di Tarrafal, identificato con la Villa, la zona a ridosso della spiaggia e i servizi, e la parte alta, chiamata Chao Bom. Trasporta studenti, operai, venditrici del mercato; chiunque, insomma, non sia in possesso di un mezzo proprio, al costo di circa 10 Escudos.
C'è però un aspetto comune a tutti i mezzi di trasporto pubblici: hanno scritta, sul cofano o sopra il parabrezza, una frase beneaugurante a tema religioso. E, soffermandosi un attimo a leggere, ci si può divertire.
Nell'ultima settimana ho visto (traduco): "fratello redento", "Jesus è la mia vita", "Guido con Dio", "In pace con i fratelli", "L'Amore di Dio".
Quando ho letto "Jesus viaggia con me", mi è venuto l'impulso di chiedere se aveva voglia di pagare a metà il viaggio.
In tempo di Quaresima, però, ho ritenuto saggio astenermi. Anche per le dimensioni del Marcantonio a cui Jesus faceva da navigatore.

domenica 22 marzo 2015

Igiene ma senza esagerare.

Nell'andare a parlare di igiene, devo necessariamente fare una premessa: parlerò solo di ciò che è per me notevole dal punto di vista delle differenze culturali. Non entrerò in merito in alcun modo dei problemi igienici derivanti da situazioni di indigenza o da scelte personali, poiché sarebbe immorale; e, comunque, avrebbero numerosi paralleli in società che si vantano di offrire una qualità della vita ben più alta di quella del paese che mi ospita.

Quando si va all'estero, alcuni particolari comportamenti saltano subito all'occhio per la differenza con cui vengono vissuti rispetto alle proprie abitudini. Molti italiani mi hanno raccontato, di ritorno dalla Cina, della consuetudine dei cinesi, uomini e donne indifferentemente, di sputare per terra con ripugnante frequenza, non solo in strada, ma anche al ristorante. O per fare un altro esempio, più di una volta ospite di famiglie in Egitto o Tunisia, mi è capitato di notare come durante il pasto si ruttasse liberamente, senza imbarazzo. Paese che vai, usanza che trovi; mi sono adattato e ho riscosso applausi che nemmeno Carreras-Domingo_Pavarotti.

Qui a Capo Verde il concetto di igiene è un po' lasco. Sono stato accolto fin dal primo giorno, dallo spettacolo di un uomo che pisciava su di un muro. Ho pensato che fosse ubriaco, ma mi sbagliavo: qui è una pratica piuttosto comune, lo si fa spesso e il naso ne è testimone. Stamane un bambino è uscito durante la Messa, ha pisciato sul muro della chiesa ed è tornato dentro; non va letta come un'allegoria ma come un'abitudine. Al momento non mi è ancora capitato di vedere qualche donna impegnata in questa pratica. Ed aggiungerei, fortunatamente.

Non ho avuto modo di vedere l'interno delle cucine dei ristoranti e mai lo farò. Ma capita piuttosto frequentemente di veder scarafaggi scorrazzare velocemente tra i tavoli, con tanta sicurezza da pensare: gli manca solo il vassoio! E un paio di volte ho anche visto un paio di scoiattoli, ma non proprio scoiattoli, perché la coda era differente, liscia e puntuta, e il corpo più gonfio.
Non si può dire che in Italia manchino esempi del genere, anzi! Quello che non mi era mai capitato di vedere prima, però, è una coppia di scimmie che si spulcia all'ingresso del ristorante. Ho mangiato in molti posti al mondo, con diverse conseguenze spiacevoli; ma questo è troppo anche per me, non ci sono entrato!


Di sicuro vivere in mezzo a tanti animali, a stretto contatto, influisce sull'igiene delle persone. Pecore, capre, galline; animali che cagano come se volessero trasformare il mondo in una sfera di guano! I cani randagi hanno pulci e zecche e sono liberi di frugare nei cassonetti, spargendo immondizia per le strade che, altrimenti, sono piuttosto pulite!

In settimana al mercato ho visto un venditore di bottiglie con quello che credevo vino; mi sono avvicinato e subito me la sono data a gambe. Le bottiglie erano letteralmente brulicanti di api! Il tizio, ricoperto di bozzi che sembrava la Pimpa, mi ha chiesto se volevo comprare una bottiglia. Gli ho risposto di no, che non mi piace il vino (andrò all'inferno per questo!). Mi ha fatto capire che non si trattava di vino, ma di miele. Era incredibilmente nero! Sono stato molto, molto tentato... senza la cinquantina di api in omaggio, ci avrei pensato seriamente!


Da noi la carne nei supermercati si trova spesso già confezionata nel reparto frigo. Qui la carne si trova nel congelatore, in sacchetti APERTI! Ne consegue che i vari pezzi, soprattutto pollo, sono lì, alla mercé di chiunque; basta afferrarli con le mani, tirare con forza per staccarli dal blocco congelato, riporli in un altra bustina, pagarli. Oggi ho notato una busta che conteneva qualcosa che non ho saputo subito riconoscere... si trattava di zampe! Non so perché, ma mi ha fatto impressione.


Se dovessi dare un mio giudizio, questo paese, benché non povero come altri Stati africani, esprime molte difficoltà a livello economico e sociale. Ma nonostante ciò le persone vivono la loro situazione con una dignità che, da italiano consumista, non posso che ammirare. Tristemente, sì, ma li ammiro.
Vado a bermi una birra.

venerdì 20 marzo 2015

L'Isola dell'Amore.

Ci sono alcuni punti fissi nell'immaginario comune dell'italiano medio, categoria della quale io sono spesso imbarazzato (ed imbarazzante) esponente.
Per esempio, che in Italia si mangi meglio che ovunque; che i nostri vini e i nostri formaggi siano i migliori al mondo (con buona pace dei cugini d'oltralpe!); e che il nostro fascino latino-italicus-ingellatus-tamarro sia rinomato e apprezzato in ogni dove.
Mi sto amaramente ricredendo.


Capo Verde è piena di giovani e, come succede spesso a queste latitudini, è molto frequente trovare ventenni con a carico già un marmocchio o due. Si amoreggia presto, ci si sposa presto, si figlia spesso. Di riflesso, però, pare che separazioni e divorzi da queste parti siano molto diffusi, così come l'abitudine di avere figli con compagni diversi.
Qualche giorno fa ho conosciuto un uomo di 32 anni, 4 volte padre, che mi raccontava orgoglioso che suo papà aveva avuto la bellezza di 24 figli; grazie al cielo con tre donne diverse, sicché si trattava di tre mogli molto stanche anziché di una sola stremata!

Conoscere, flirtare, darsi appuntamenti pare sia molto facile qui; forse sarà così, ma non a Tarrafal!
Tarrafal vive la felice/infelice situazione di città di campagna-montagna-mare, i cui stessi abitanti lamentano una mentalità piuttosto arretrata e bigotta. Per fare un esempio scevro da ogni commento personale, di tanti eventi pubblici a cui ho assistito da quando sono qui, non ce n'è stato uno che lontanamente si sia avvicinato, come frequenza e partecipazione, alla Messa domenicale! Chiesa sold out, decine di persone in piedi fuori, eleganza e scarpe col tacco da non credere.
Ne consegue che alcuni rapporti interpersonali siano di riflesso lievemente rallentati.

Praia, la capitale, sembra molto diversa. Negozi, bar, parecchi europei in giro, locali e discoteche. Ci sono un sacco di belle donne, le cosiddette "veneri nere". Una sera al ristorante una ragazza mi ha insistentemente chiesto il numero di telefono; sono rimasto colpito perché è la seconda volta che mi capita in tutta la mia vita (la prima volta è stata una signorina alla quale avevo tamponato la macchina).

Insomma, qui si fatica.
Ben diversa è la situazione contraria: europee che vengono qui a conoscere aitanti maschietti locali.
Anche su questo punto non voglio pronunciarmi eticamente in alcun modo, anche perché sono proprio l'ultimo al mondo a poter parlare di morale (penultimo se consideriamo anche Arcore). Solo che spesso quando si parla di turismo sessuale, ci si dimentica di considerare anche il considerevole contributo portato dalle femminucce; ed in Kenya ho visto scene che avrebbero fatto rabbrividire Briatore!!!

Qui il corteggiamento da parte dei locali è molto semplice, ma piuttosto efficace: quando la vittima predestinata attiva in spiaggia e si mette distesa al sole, il giovanotto si alza da sotto la palma dove stava apparecchiato, si avvicina a distanza utile, si leva la maglia mettendo in mostra un fisico tosto che nemmeno l'ebano, e inizia a fare esercizi. Piegamenti sulle braccia, squat, trazioni alla sbarra (eh, la spiaggia è attrezzata), addominali.


Dopo un certo tempo, l'allegro marcantonio si avvicina alla sua preda spiaggiata e, sfoderando un sorriso a 45 denti TUTTI BIANCHISSIMI, attacca bottone. Et voilà, il gioco è fatto!

Sinceramente potrei usare la stessa tecnica, ma la mia modestia non mi permette di abbassarmi a questi subdoli metodi. Io voglio che in me le donne vedano altro: per esempio, che a casa mia si mangia molto bene!

sabato 14 marzo 2015

Mangia, prega, Maalox

Io penso che lo street food, o cibo da strada, possa essere considerato una importante chiave di lettura per la cultura di un popolo. Cosa c'è di più immediato, tipico e indicativo di un rivenditore di cibo ambulante? L'offerta di un boccone al volo è probabilmente una delle attività più vecchie e caratteristiche dell'uomo e, di paese in paese, si differenzia in maniera così radicale da risultare, molto più che un ristorante, vera espressione della gastronomia locale.
E quando si parla di cibo io che posso fare? Stare a guardare?

Qui a Tarrafal, come in tutto il mondo, i venditori di street food sono ubicati presso i luoghi dove l'attività umana è più viva: davanti alle scuole, presso il mercato, in piazza. A seconda del target di riferimento, varia ovviamente l'offerta. Qui non si parla di pizza al trancio o di panino-kebab-dopia-cibola-picante. Qui non si guarda in faccia a nessuno.

Dalle parti del mercato sono sempre presenti tre o quattro bancarelle di cibo da strada, definizione quanto mai azzeccata perché spesso nella via cucinano proprio, usando il manto stradale come pavimento per la propria attività, luogo per mangiare e pattumiera.
Una delle venditrici che mi ha più incuriosito è una signora che prepara panini; in un secchio che aveva iniziato la sua carriera come contenitore di idropittura, sono riuscito a scorgere una montagna di cipolla stufata. Mi sono fermato a guardare incuriosito: la signora pescava una cucchiaiata gigante di contenuto del secchio e la infilava in un panino già tagliato. L'idea del panino alla cipolla non mi convinceva sicché ho domandato come fosse guarnito il sandwich; la signora mi ha fatto vedere che dentro il secchio navigava, in un languido mare cipolloso, un branco di pesci arrostiti. Da quanto sono riuscito a capire, il pesce finiva intero, con testa e lisca, nel panino. Non ho ancora avuto il coraggio di provarlo.
Di fianco, però, una signora friggeva in una pentola posata a terra e, poiché "fritto è buono pure un calzino", mi sono deciso a provare: murena in pastella e pane fritto. Totale 200 escudos (meno di 2 €) per una porzione più che abbondante. L'ho mangiata a casa, come colazione alle 11 del mattino; molto saporita, con una punta di piccante come piace a me. Risultato: sazio fino a cena ma con un'acidità di stomaco che credo fosse dovuta, più che alla murena, all'olio di frittura, che presumo parente stretto dell'olio motore usato nella Parigi-Dakar del 1985.


Uno street food che mi ha sempre inquietato e che non so se mai proverò è il porco fritto. Ci ho messo molto a capire cosa fosse, perché non è di immediata comprensione: tocchetti bruno rossicci di forma irregolare, dentro contenitori di plastica portati sulla testa dalle venditrici. E la gente qui compra per strada pezzi di maiale e di cotenna, fritti in olio di qualità probabilmente non eccelsa, e se li sgranocchia camminando allo stesso modo in cui da noi si sgranocchiano i lupini e le arachidi alle fiere. Mi chiedo come mai gli ictus siano così diffusi...


La pasticceria è generalmente estranea alla cultura gastronomica di Tarrafal. Ma i capoverdiani mi sembrano piuttosto golosi di dolci, benché l'offerta sia veramente limitata. Se si cadesse vittima di un improvviso calo di zuccheri, però, non bisogna disperare! La venditrice porta a porta di biscotti è pronta a portare sollievo e consolazione. E ovviamente calorie. Ne ho mangiato uno e a distanza di due giorni non ho ancora ricominciato a produrre saliva.


Questo articolo non può essere esauriente poiché ho ancora molte prelibatezze da scoprire e recensire; in futuro integrerò, arterie e colesterolo permettendo.

giovedì 12 marzo 2015

I migliori amici dell'uomo.

La sola Tarrafal conta circa 13.000 abitanti; se si considera la provincia arriviamo a 26.000. Ma se volessimo contare anche gli animali, Il Cairo, Città del Messico e New Delhi ci fanno una pippa!!!
Ho già accennato ai comportamenti di alcuni esemplari durante le mie ore di meritato sonno; ora, dopo mesi di attento studio, la situazione mi è più chiara: comandano loro!

La parte del leone (siamo in Africa) la fanno i cani; sono tanti, quasi tutti randagi, pulciosi, pieni di zecche, affettuosi, sempre affamati, intelligentissimi.
Basta sedersi ad un ristorante all'aperto e subito che ne arriva uno a chiederti l'elemosina, che ti pare di stare a Milano a fare il biglietto alla macchina della Metro.
Anni e anni di incroci rigorosamente tra bastardi hanno dato vita ad una razza peculiare di Tarrafal, che io chiamo il cane-iena per i colori tipici del manto.


Di giorno sonnecchiano, o girano pigri e coccolosi, ma la notte si trasformano e diventano delle gang criminali! La città è preda di gruppi di cani abbaianti che, oltre ad assicurarsi che io rimanga sveglio, litigano per ogni cosa: cibo, bidoni dell'immondizia, femmine.
La mattina tutto torna calmo e, generalmente, la prima cosa che vedo aprendo la finestra sono i cani che fanno la pace!


E di fianco ai cani, vuoi che manchi un gregge di pecore? Ovviamente io, homo sapiens sapiens, tutto ciò che so sulle pecore l'ho imparato guardando Heidi o i porno. La verità è che le pecore sono veramente brutte, ma gli agnelli sono cucciolotti carini! Non mi dilungo perché Pasquetta è dietro l'angolo e non vorrei esser preda di scrupoli etici. La particolarità qui è che qui in strada ci sono più pecore che auto, ma quanto meno inquinano poco! Curioso: ho visto turisti farsi le foto con le pecore. Tedeschi, ovviamente.


Due righe per le capre, che sono ovunque e che smascellano come un sedicenne dopo la disco del sabato. Le ho viste masticare davvero di tutto: corteccia, lattine, buste di plastica, imballaggi di uova. Chissà se riuscirebbero a mangiare addirittura la cucina di mia sorella?

Nel mio quartiere vivono due famiglie mafiose di galline, ognuna col suo gallo. La mattina verso le sei si piazzano una da una parte e una dall'altra del palazzo e iniziano a cantare senza soluzione di continuità finché non gli tiro qualcosa nella speranza (vana) di colpirli. Quasi sempre tiro frutta o pane secco... mi sa che sono più furbi loro.

Concludo con i miei compagni di corsetta... i maiali! Quando vado a correre mi capita spesso di passare nel territorio di una famiglia formata da scrofa e 5 o 6 porcellotti. All'inizio si allontanavano diffidenti, ma adesso non mi degnano di attenzione! Hanno capito che sono uno di loro!!!


domenica 8 marzo 2015

I giri che contano.

Ieri mattina, sabato 7 marzo 2015, sono stato generosamente invitato all'incontro che il Primo Ministro di Capo Verde, José Maria Neves, ha tenuto presso la sala conferenze del Comune di Tarrafal (questo popolo ama molto le maiuscole!).
Non potendo esimermi, mi sono apprestato a partecipare alla conferenza, sentendomi privilegiato e fortunato per un tale onore.

L'incontro iniziava alle 10, come da giorni diverse auto con altoparlante andavano diffondendo ai quattro venti. Dovendoci andare col mio amico Andreas, che mi aveva invitato, questo ingenuo italiano alle 9.30 era pronto con tanto di camicia e di scarpe di legno in attesa del passaggio.
Sebbene sia svizzero, Andreas, più avvezzo ai ritmi locali, è passato da me alle 10 in punto, cioè alla stessa ora in cui sarebbe dovuto iniziare il dibattito. Saliamo in macchina, percorriamo i tre minuti che ci separano dal Municipio, parcheggiamo, scendiamo e ci ritroviamo nella piazza principale di Tarrafal alle 10.05.
Siamo noi e altre tre persone.
Approfitto per proporre ad Andreas di prendere un caffè.
Ci rechiamo al bar, ci accorgiamo di non aver denaro, torniamo alla macchina, prendiamo i soldi, incontriamo il direttore della Finanza di Tarrafal (l'agenzia delle entrate), Andreas me lo presenta, chiacchieriamo un po', andiamo in un altro bar, ordiniamo un caffè e ci sediamo.
Chiacchierando, ipotizzo al mio amico gli argomenti che Sua Eccellenza affronterà: sviluppo, investimenti stranieri, scuola, formazione, competitività, sociale.
Paghiamo il caffè e torniamo in piazza. Sono le 10:30 e le persone sono sensibilmente aumentate (una ventina). Ci vede il Sindaco e viene a salutarci. Due parole di cortesia, qualche frase di circostanza, poi passa un signore che ci viene presentato come "Ministro dell'Ambiente", o qualcosa di simile e che, catechizzandoci, ci dice, con aria esortativa, che Tarrafal ha bisogno di investimenti stranieri; se ne va come una cometa, illuminandoci con la sua scia di saggezza.
Iniziano ad arrivare macchinoni da cui scendono persone molto distinte. Alle 10.48 dico ad Andreas che vado un attimo in bagno. Alle 10:50 Andreas mi telefona che è arrivata Sua Entità e stanno per iniziare.
Mi affretto verso la sala, felice di aver finalmente compreso appieno la Teoria della Relatività di Einstein.




In piazza ci sono 5 o 6 agenti, cose inimmaginabili per un Primo Ministro italiano.
Entro nella sala che stanno cominciando, sono le 11 passate. Mi tengo in disparte e mi appresto a seguire la conferenza; l'unico colpo di scena è la camicia da ballerino di salsa del Premier, poiché il suo discorso è suonato più o meno così:
blablabla sviluppo blablabla servizi blablabla eccellenza blablabla investitori.
Quando ha nominato la Nazionale di calcio mi sono definitivamente convinto che esiste un'unica agenzia di stampa che scrive i canovacci per i discorsi ufficiali di tutte le democrazie del mondo.

Alla fine, dunque, una grande perdita di tempo. Ma devo dire che se capire le differenze culturali è importante, capire le analogie è fondamentale. E alla luce di ciò, come ponte tra il mio Paese e quello che mi ospita, ho concluso una mattinata quasi inutile consacrandola al tiramisù. Nella vita bisogna sapersi consolare.


martedì 3 marzo 2015

Aggiungi un posto a Tarrafal.

Come scrivevo, una settimana fa è venuto a trovarmi il mio amico Giorgio dall'Italia. Per non smentire le mie origini meridionali, gli ho chiesto di passare da mia mamma a ritirare una borsa per me che, ovviamente, conteneva chili di cibarie per la creatura dispersa in Africa (povero figlio chissà cosa ti fanno mangiare!). L'unico rammarico: speravo che mi arrivasse la classica valigia di cartone legata con lo spago, ma non si può avere tutto nella vita.

Tra i tesori contenuti nella borsa, che avrebbe fatto impallidire Mary Poppins, spiccavano in particolare pasta e grana; per cui mi sono subito dato da fare per organizzare una lauta cena con gli amici del luogo e, come ospite d'onore, pasta alla carbonara.
Ci siamo trovati a casa di Andreas, lo svizzero-tedesco che ho già nominato: un ragazzone simpaticissimo, pieno di vita e di voglia di comunicare. Mmm... riflettendoci, non può essere svizzero-tedesco, mi avrà mentito! Gli altri invitati erano ovviamente Giorgio più due ragazze locali: Erika, professoressa di francese, e Monica, la mia commercialista.
L'appuntamento era alle 19:30; Giorgio purtroppo, reduce dallo stress italiano (lui di lavoro salva il Mondo!), ha dovuto dare forfait e si è sparato una dormita dalle 21 alle 7 del mattino seguente. Io, vista la puntualità vigente qui, mi sono presentato alle 20 (a pensarci bene, Andreas alle 19:31 mi ha chiamato per sapere dove fossi; che sia davvero svizzero?); Monica ed Erika hanno sommato la rilassatezza dei tempi di Capo Verde alla loro natura di donna e si sono presentate bellamente verso le 21.



Io e Andreas allora nell'attesa, ci siamo dedicati ad uno stupendo aperitivo sulla terrazza vista mare della sua magnifica casa, un B&B di nome Casa Strella. Prosciutto crudo, una scamorza di imprecisata origine, marmellata di frutti di bosco, qualche pezzettino di grana e una bottiglia di vino bianco di Fogo. Quando le ragazze si sono presentate, la bottiglia era vuota e noi parlavamo un misto di Esperanto e Klingon.



Così, da allegri, abbiamo iniziato a preparar la cena: Andreas una buonissima insalata con dentro il mondo, io una pasta alla carbonara talmente perfetta che avrebbe messo a tacere, nell'ordine:
- Mazzini e la carboneria
- Gasperino il carbonaro
- la Befana e tutte le sue colleghe suocere
Complimentoni da parte dei miei commensali e grande soddisfazione per me. Va però detto per onestà che qui la pasta non è proprio tipica e che se avessi servito loro un piatto di bulloni al ragù, si sarebbero ugualmente leccati i baffi!
Alzando lo sguardo e vedo Monica che sa mischiando nel piatto la carbonara con l'insalata, e che incurante del delitto compiuto, mangia estatica. La foto è un po' mossa perché sono rabbrividito per il ribrezzo.



Alla fine è arrivato il dolce preparato (!) dalle ragazze; non ne ricordo il nome, ma si tratta di formaggio fresco con dulce di papaya, che vanno mangiati insieme a cucchiaiate. Buono, molto, ma calorico che credo nemmeno le razioni della Cristoforetti!



Finita di scolare una seconda bottiglia, questa volta un rosso del 2012, sempre di Fogo, mi sono accorto di una cosa: comprendevo tutta la conversazione in corso benché si svolgesse contemporaneamente in portoghese, creolo, inglese, francese e a sprazzi in italiano.
In fondo la vera verità può essere proprio questa: il segreto della perduta lingua di Babele non va cercato nei libri antichi, ma sul fondo di una bottiglia di vino!