venerdì 25 settembre 2015

Le 10 cose che ho imparato sulla pesca.

Tarrafal ha una importante tradizione di pesca e, più in generale, Capo Verde si sta affermando come meta di élite tra gli amanti di questo sport.
Quindi, da ingenuotto, mi sono detto: perché non provarci anche io? Detto fatto: canna nuova alla mano, ami, piombi e altre cose che mi hanno regalato ma che non ho ancora ben identificato, e mi sono lanciato verso questa nuova avventura!
Tra un'uscita in barca e diversi tentativi dagli scogli, questo è ciò che ho imparato finora sulla pesca:


1 - La pesca non è uno sport per autodidatti. A meno che non si studi tutto lo scibile in materia su internet come farebbe Sheldon Cooper, l'idea di andare belli freschi a pescare, senza qualcuno che ti insegni, non è praticabile. Puoi provarci, salvo poi trovarti avvolto nella lenza come il rollé domenicale di mia mamma.

2 - Gli ami non amano nessuno. Se un amo può bucare un pesce, chi l'ha detto che non possa fare altrettanto con la pelle? Non avendone mai maneggiati, mi sono trovato ben presto con più piercing addosso di una suicide-girl. Se io contassi come preda, calcolando ogni volta che mi sono "preso", avrei fatto la migliore "pesca miracolosa" dai tempi di San Pietro.

3 - Non è affatto facile. Tornando a quanto sopra, se Gesù ha dedicato più di un miracolo alla pesca e ai pesci, c'è un motivo: di quello c'è bisogno, del miracolo. E comunque, se la matematica non è un'opinione, anche se Gesù moltiplicasse i pesci che ho preso finora, sempre zero rimarrebbero!

4 - I pesci hanno gusti discutibili. Vermi, mosche, pezzi di altri pesci. Bisogna essere pronti a maneggiare cose viscide che lasciano le mani appiciccaticce di materia organica come sangue e interiora di pesce; cioè un irresistibile polo di attrazione per tutti gli insetti nel giro di centinaia di metri. Praticamente i pesci mangiano schifezze; sarà per questo che ci abbinano l'acqua.

5 - La scappatina. Se possono, i pesci mangiano a scrocco e se ne vanno dopo aver sbocconcellato allegramente l'esca senza darti la ragionevole soddisfazione di farsi acchiappare. Ma del resto, qui sono di cultura "portoghese". Praticamente ho aperto un ristorante per pesci.

6 - Vestirsi adeguatamente. Mi sono sempre chiesto: ma perché Sampei indossa quell'inguardabile cappello di paglia, che fa tanto mondina del Laos? La risposta, dopo tre giorni consecutivi di pesca, la si può trovare scritta in fucsia sul mio povero collo, a contatto del quale si fonderebbe anche l'anello di Sauron.

7 - Meglio da soli. Anche se avrei preferito avere un maestro, visti i risultati sono felice di essere andato a pesca da solo. La scusa è che ti godi il silenzio, l'aria di mare, il rumore delle onde. La verità è che, per trovare un altro momento del genere della mia vita, in cui si mischiano vergogna, solitudine e incapacità, devo risalire all'adolescenza.

8 - Che scoglioni. Pescare dagli scogli sembra romantico, avventuroso e non particolarmente difficile. In realtà è un'impresa e se, come me, non hai le movenze di uno stambecco di mare, il camminare scivolando, con in una mano la canna, nell'altra il secchio e in bocca un Santo, può creare non poco disagio.
Inoltre lo scoglio tende a prenderti per i fondelli e a trattenerti il piombo. Tu pensi di aver preso una balena, con all'interno Giona, Geppetto e Galeazzi, e tiri, tiri, tiri... finché te ne fai una ragione e tagli la lenza abbandonando il piombo in mare. Un altro paio di giorni e sotto gli scogli ci sarà così tanto metallo che il polo nord magnetico si sposterà verso Capo Verde.

9 - Marco se n'è andato e non ritorna più. Dopo un po' di tempo con la canna in mano, chi, come me, è abituato a stare in quella posizione giusto il tempo di una minzione, si inizia ad annoiare. E quindi ci si trova nella situazione ossimorica di aver scelto un'attività solitaria e, allo stesso tempo, di patire un po' la solitudine. Si rimedia in fretta: la prossima volta porterò con me una silenziosa compagna di avventure: la birra!

10 - Guardarsi intorno. Ogni mezz'ora faccio una ricerca su Youtube della seguente frase, tradotta in tutte le lingue: "italiano idiota cerca di pescare e si avvolge nella lenza". Sarà paranoia, ma alle mie orecchie, mischiato al suono del vento, giungeva quello di inequivocabili risate. Ma magari erano i pesci.

venerdì 18 settembre 2015

Impressioni di Settembre

Arrivando a Tarrafal ci si stupisce nel notare tra l'azzurro del cielo, il blu del mare e il verde di Monte Graciosa, una invadente presenza del colore grigio.
E la motivazione di questo grigio è ancora più strana. Ogni famiglia di Tarrafal, come nel resto di Capo Verde, ha un terreno per costruirsi una casa; ma pochi sono quelli che possono permettersela. Il grandissimo numero di emigrati ha quindi creato questo fenomeno: le persone vanno all'estero per lavorare, iniziano a mettere da parte un gruzzolo, lo investono nei lavori per la casa e, quando i soldi finiscono, il cantiere si ferma fino all'arrivo di risorse fresche.
Ne consegue che, da un giorno all'altro spunti un cantiere dove, magari, lavorano 30 operai per 18 ore al giorno, sotto il solleone o sotto la pioggia (orari preferiti: la mattina alle 6 quando dormo, o il pomeriggio all'ora della pennica!). Poi i soldi finiscono e restano gli scheletri di cemento armato e le pareti grigie (mancando i mattoni, qui fabbricano dei "blocchi" di cemento). E spesso restano così per anni.
L'effetto è deprimente, per una cittadina altrimenti così carina. Ma anche coloro che riescono a completare la casa spesso non migliorano l'estetica di Tarrafal.
Vige un po' il concetto de "Lo zio d'America"; cioè l'emigrante che torna e deve dimostrare di aver avuto successo, a costo di sconfinare (e abbondantemente!) nel cattivo gusto.
Quindi, oltre a far sfoggio di macchinoni talmente tamarri che Lapo Elkann in confronto è Enzo MIccio, si costruiscono case assolutamente improbabili in un paese di mare: in Tarrafal al momento fanno bella mostra di sé un paio di chalet, nonché alcune casette ricoperte di piastrelle che vorrebbero essere in stile portoghese, ma che sono invece più vicine ad un catalogo Pozzi e Ginori.

Le case "abbandonate" per anni seguono poi dei percorsi di vita inimmaginabili.
Da un mese e mezzo ho traslocato e adesso abito in una bellissima villetta vista mare. Di fronte alla finestra di camera mia c'è una di queste case non ancora ultimate il cui proprietario, pare, è attualmente alloggiato e nutrito a spese dello Stato.
Questa casa è quindi diventata una "casa para todos", l'equivalente delle nostre case popolari e, al pari di molte di esse, è occupata in maniera completamente abusiva.
Quindi più di trenta persone, tra cui numerosissimi bambini, vivono in questa abitazione senza luce, senza acqua, passando la maggior parte del tempo in strada, litigando e urlando fino a tarda notte come ci si può aspettare da un popolo così passionale soprattutto quando i rapporti interpersonali galleggiano sopra litri di alcol.,
E ognuna di queste famiglie ha preso completo possesso del proprio alloggio, chi intonacandolo, chi mettendo gli infissi e via discorrendo. Sono curioso di vedere cosa succederà quando il proprietario uscirà di prigione. SE MAI ne uscirà!

Dopo più di un mese di colpevolissima immobilità, ho ripreso a correre sparandomi 6,5 km in scioltezza. Quando si è fuori allenamento ogni passo è una fatica e non si è tolleranti con nessun ostacolo che si presenti lungo il cammino, sia esso una donna con un passeggino o un anziano col bastone.
Avevo quindi già deciso di attraversare il gregge di pecore che occupava la carreggiata che stavo percorrendo, quando il poco sangue che ancora affluiva al cervello mi ha fatto provvidenzialmente notare che tutte le altre persone a piedi procedevano cautamente sul lato opposto della strada; guardando ancora il gregge, al quale mi stavo rapidamente (ahahah!) avvicinando, mi accorgo che ci sono ben tre montoni, dei quali uno si è fermato e mi sta guardando con aria molto poco benevola.
Memore della mia disavventura automobilistica e poco desideroso di farmi spezzare un femore da un muflone africano, recito una rapida preghiera a Sant'Abebe Bikila e attraverso rapido la strada.
Nella classifica degli animali più coraggiosi, dunque, io ormai vengo dopo la pecora.


Un'epidemia di gastroenterite virale ha messo un sacco di persone se non in ginocchio, quanto meno sedute.
L'importante è guardare sempre il lato positivo delle cose: sto rapidamente dimagrendo.

mercoledì 9 settembre 2015

Basta poco.

Un paio di mesi fa ho lanciato un appello su Facebook: invitavo i miei contatti a disfarsi dei loro vestiti dismessi, degli zaini usati, delle scarpe inutilizzate, inviandomele tramite degli amici che sarebbero venuti a trovarmi e che avrebbero quindi fatto da corrieri.
L'adesione è stata superiore a ogni mia immaginazione.
Mi hanno risposto in più di cento, chiedendo informazioni, organizzando raccolte e spedizioni. L'unico problema che abbiamo incontrato è stato gestire l'eccessiva quantità di materiale spedito, tant'è che ho dovuto chiedere a molte persone di non mandarci nulla in quanto sarebbe rimasto in Italia. E non c'erano strade alternative: spedire pacchi dall'Italia, oltre ad essere incredibilmente caro (sui 200€ pare), non da nessuna garanzia di ricezione!
I vari amici che sono venuti a trovarmi, mio fratello Vincenzo, e poi Beppe, Serena, Angelo, Stefania, Enrico e Tecla, hanno sacrificato la quasi totalità del proprio bagaglio a questa causa, ma i limiti di peso in aereo sono rigidi, sicché al momento non si è potuto fare di più. Ma resta la forte, confortante prova che noi italiani siamo un popolo di cuore, e che, più in generale, al mondo ci sono tante brave persone.

Ma qui cosa abbiamo fatto di tutta questa roba?
La premessa era questa: la quasi totalità delle persone che ci hanno aiutati, l'hanno fatto sottolineando che "lo facciamo perché ci sei tu!". Che tradotto vuol dire che molta gente ha voglia di fare e di aiutare, ma ci crediamo poco delle associazioni e abbiamo più fiducia di una persona in loco che se ne occupi direttamente.
Esistono centinaia di associazioni serie in cui lavorano volontari veramente ammirevoli; ma poi arriva gentaglia come Edoardo Costa, che semina dubbio e diffidenza e nella catena della beneficenza ci rimettono tutti.
Io, personalmente, con le persone che mi hanno portato gli aiuti e con alcuni amici locali, mi sono incaricato di identificare le situazioni di bisogno e di effettuare io stesso la consegna.
Ho ritenuto importante aver con me dei testimoni perché mi ero dato come punto fermo quello di non scattare foto, per non ferire la dignità delle persone che andavamo ad aiutare; ma alcune situazioni di gioia, di stupore o addirittura di euforia, specialmente da parte dei bambini, abbiamo voluto immortalarle.
Posso dire che quindi, nel nostro piccolo, le nostre gocce nel mare le abbiamo versate, e riporto a tutti i ringraziamenti di tante persone che hanno ricevuto magari una sola maglietta, ma l'hanno ripagata con un grande sorriso.


Purtroppo c'è sempre un'altra faccia della medaglia; mi è capitato di vedere in vendita, al mercato di Tarrafal, alcuni zainetti che avevamo donato a delle famiglie con bambini. Anche se probabilmente si sarà trattato di una situazione di bisogno, ritengo che sarà meglio in futuro distribuire solo roba usata e non materiale comprato ad hoc.

Capo Verde non è povera come altri paesi africani. Non ci sono quelle disperate situazioni che ho visto altrove, ma le persone bisognose sono comunque parecchie. In Italia abbiamo veramente tanto e qui serve tutto. Sembra facile. E lo è.
Facciamolo.
Grazie a tutti.

lunedì 7 settembre 2015

Capo finalmente Verde

Capo Verde deve il suo nome all'omonimo punta, in Senegal. Furono chiamate "Isole di Capo Verde" come riferimento geografico e il nome, rimasto all'arcipelago, infatti inganna un po'.
Perché, mi sono sempre chiesto, vengono chiamate "verdi" delle isole pochissimo piovose, alcune delle quali con dune talmente grandi da sembrare desertiche?
Svelato l'arcano, bisogna dire che più o meno a metà della stagione delle piogge, qui il colore verde ha finalmente assunto un ruolo da protagonista.
Sono impressionato dal fatto che tutto germogli, tutto fiorisca, tutti gli alberi gettino foglie nuove ad un ritmo incredibile, che il mais cresca di diversi centimetri al giorno.
La scorsa settimana abbiamo anche dovuto affrontare l'emergenza per l'uragano "Fred"; alcune isole sono state colpite in maniera importante, ma qui dove mi trovo io si è trattato praticamente di un semplice acquazzone, per quanto forte. La differenza con quelli che colpiscono Biella è che qui non ci sono impianti di scarico per le acque piovane, sicché si formano per il paese dei ruscelli impetuosi che portano il fango al mare.
Quello che ho imparato, però, è che gli uragani che da settembre a novembre si abbattono sui Caraibi e sulle coste americane, si originano al largo di Capo Verde. Al di là di interpretazioni karimiche, l'ho trovato affascinante.


Ovviamente, tra una pioggia e l'altra, le temperature sono inumane.
MI ha colpito molto che, mentre sotto la pioggia i capoverdiani camminano a capo scoperto e senza alcun fastidio apparente, con il sole invece usino diffusamente l'ombrello. Un mondo al contrario, ma, paese che vai...

Ho da poco comprato una macchina e sono già riuscito a prendere una multa. Questo dimostra che, come le più evolute democrazie, quella capoverdiana sia già ben strutturata per quanto riguarda il "fare cassa". Ma se prendere la multa è stato facile, pagarla è tutt'altro paio di maniche. Se penso che già solo per ottenere il "visto" sul passaporto, che all'arrivo si fa in due minuti, sono occorsi 28 giorni e 12 documenti, mi sento già le prime linee di febbre.
Quanto, quanto, quanto amano la burocrazia nei paesi lusofoni...


Purtroppo la pioggia da queste parti porta anche malattie. Ne ha fatto le spese la mia cagnolina Pandora che non è sopravvissuta. In seguito a non so quale affezione, è deperita e in soli 4 giorni, irriconoscibile, è morta. Devo constatare che la veterinaria di qui si è rivelata assolutamente non all'altezza, prendendo la cosa sotto gamba.
Va anche valutato che questa veterinaria si occupa di animali di allevamento e che quindi vede un randagino malato come una parte assolutamente marginale del suo lavoro. Ho anche pensato che avrei potuto portare Pandora a Praia, dove esiste una struttura più adatta; però anche lì non sono stati in grado di curare i due bellissimi rottweiler del mio vicino, che avevo fotografato qualche tempo fa, e che sono morti nello stesso modo.
Spero solo che la breve vita della mia bella e vivace cagnolina sia stata un po' felice di quanto lo sarebbe stata senza incontrarmi.
La nota incredibilmente toccante è stata la cura che Zacapa, la gattina che avevo adottato da pochi giorni, ha avuto per Pandora malata. Sono scene che ho visto solo in tv, ma che ho trovato molto commoventi.
Zacapa sta bene. Ho sempre ammirato l'indifferente eleganza dei gatti. La mia, invece, è molto coccolosa, mi cerca sempre e scoreggia come un bufalo. Quindi, di indifferente e di elegante ha ben poco.


Mosche e zanzare si stanno riproducendo senza controllo. Grazie al cielo, una sapiente unione delle abilità di Volta e di quelle dei Cinesi ha partorito uno strumento che mi sta dando parecchia soddisfazione. Volta meriterebbe di esser raffigurato, dopo che sulle lire, anche sugli euro.
I cinesi probabilmente lo saranno presto.