venerdì 20 novembre 2015

Cosa mettere in valigia?

La mia partenza per Capo Verde si approssima; inizia quindi un periodo di pietosi addii e sofferti arrivederci! In particolare trovo estremamente doloroso separarmi da chi mi è stato vicino con affetto, d'estate e d'inverno, senza mai chiedermi niente in cambio: ciao divano, mi mancherai!

La compagnia di bandiera Capoverdiana si chiama TACV e, con le dovute proporzioni, ricorda l'Alitalia. Per esempio mi hanno spiegato che con una flotta di 4 aerei, 1 di proprietà e 3 in leasing, la sede di TACV conti qualcosa come mille dipendenti... escluso il personale viaggiante, che prendono in outsourcing! Mille dipendenti che rappresentano un ottimo parcheggio per nipoti, cugini, amici e conoscenti dei vari potentini. Lo scorso bilancio passivo è stato ripianato con i soldi dell'INPS (capoverdiano). Insomma, per essere africani, sono molto, molto italiani.
Questa banda di fenomeni, ai quali ho affidato il trasporto della mia umile carcassa da Lisbona a Praia, mi ha mandato una mail di due righe due per dire: "Il suo volo è stato posticipato al giorno seguente alla stessa ora. Si faccia trovare puntuale all'aeroporto". Senza chiedere scusa, senza addurre motivi. Tutto lì.
E io dovrò ancora farmi trovare puntuale. Ovviamente è da una settimana che, con l'aiuto del mio amico Giuliano, provo a contattarli in ogni modo, ma nulla! Quale modo migliore avrei potuto trovare per rituffarmi nel clima capoverdiano?
Per inciso, Giuliano è il mio amico agente di viaggi che è ormai un esperto nell'organizzare collegamenti tra l'Italia e Santiago... Visto che mi è stato chiesto, se qualcuno fosse interessato a contattarlo, può farlo anche QUI

Come ogni volta, prima di partire, ho fatto qualche esame medico. Ho la fortuna tutt'altro che trascurabile di avere un dottore che sa il fatto suo e tra le altre cose mi ha fatto fare gli esami del sangue. Nel nuovissimo e ultramoderno ospedale di Biella, ho quindi dovuto far DUE ORE di coda dopodiché ho pagato 68 € di ticket. SESSANTOTTO EURO.
E come se non bastasse, ho dovuto anche metterci il sangue; non hanno nemmeno avuto il buon gusto di mettercelo loro!
Il prelievo è stato fatto in una specie di sala comune con diversi lettini, infermiere che parlavano tra di loro dei rispettivi problemi personali, gente che entrava e usciva, chiedeva informazioni o curiosava, bambini che piangevano, un cingalese che parlava solo la sua lingua e che nessuno riusciva ad aiutare. Ci mancavano giusto due galline e qualche maiale grufolante e poi sarebbe stato un perfetto mercato medioevale.
Tra queste analisi, un altro esame e qualche medicina che mi porterò appresso, mi sono usciti di tasca più di 150 €. Meno male che abbiamo la sanità pubblica, altrimenti di sangue chissà quanto avrei dovuto lasciargliene!


Cos'altro mettere in valigia? Ben poca roba poiché i miei bagagli sono già strapieni. Qualche piccolo regalo per gli amici, una buona scorta di repellente per gli insetti, qualche prodotto per il mio gatto Zacapa e per il cucciolo di cane che andrò a prendere. Da profanissimo, poiché non ho mai avuto animali in Italia, mi accorgo dai prezzi che anche quello legato a cani e gatti dev'essere un business di tutto rispetto!
Non porterò praticamente nulla da mangiare: mi accontenterò di pesce grigliato e banane, sia mai che perdo qualche chiletto.
Ma porterò una sola cosa: una confezione di acciughe, delle quali sono goloso. Non le ho ancora trovate a Praia, anche se sono certo che si possono trovare: esistono almeno due pizzerie che servono la pizza Napoli.

Basta, ho da fare. Devo organizzarmi per Lisbona.
I siti di riferimento sono sempre i soliti: booking.com e gnoccatravels.com.
E buon viaggio a me!

Ps1  ricordatevi anche viaggiaresicuri.it... non si sa mai
Ps2 per mia mamma: scherzo!

martedì 17 novembre 2015

Off Topic.

A 4 giorni dai tragici e dolorosi avvenimenti di Parigi, mi sento di scrivere qualche riflessione ispiratami  soprattutto dai social, che in queste occasioni diventano espressione dell’opinione pubblica. E quindi, come un’antica piazza del mercato, ci si trova di tutto: dall’arrabbiato al polemico, dal complottista al sobillatore. Si leggono pochi moderati, ma non perché non ne esistano, anzi! Probabilmente perché essi si astengono dallo scrivere in preda alle emozioni. E le reazioni delle persone, in questi casi, sono interessanti e tutt’altro che secondarie poiché ritengo che un atto orribile come quello dei giorni scorsi sia stato concepito e realizzato proprio per provocare reazioni.

Mi hanno colpito, tra tutte le cose che ho letto in questi giorni, i diversi punti di vista; ma tre spunti in particolare mi danno da riflettere e su questi continuerò a ragionare  perché credo che, benché la situazione sia molto più complessa di quanto io possa capire, forse potrei trovarci qualche chiave di lettura.


Il primo spunto viene da un blog che non so citare correttamente poiché purtroppo mi sfugge il riferimento. Parafrasando, poneva più o meno questa domanda: “chissà quanto e cosa hanno perso i terroristi nel loro paese per scegliere di andare a morire facendosi saltare in aria a migliaia di chilometri da casa?”.
Riflessione che voglio collegare ai numerosi proclami di tutti quelli che scrivono, o stanno scrivendo, sui social: “bisogna ucciderli tutti”, “dobbiamo tirare una bomba atomica sull’ISIS”, “bisogna radere al suolo l’Islam”.
Ecco, secondo me si tratta dello stesso, identico sentimento: rabbia per un sopruso subito, per un’ingiustizia troppo forte da poter essere tollerata, voglia di vendetta. L’unica differenza è che nel secondo caso, fortunatamente, non c’è sufficiente disperazione, non si è stati colpiti personalmente, si tratta di rabbia espressa tra un piatto di pastasciutta e un PC. Mentre gli esecutori dell’orrore parigino probabilmente avevano già perso tutto.

Il secondo spunto me l’ha dato un’altra frase che ho letto in questi giorni e che non so citare perfettamente, ma che diceva più o meno: “dopo la prima guerra mondiale, tra i vinti coloro che soffrivano di più erano i poveracci, mentre tra i vincitori egualmente erano i poveracci a soffrire”.
A Parigi sono morti degli innocenti, dei poveracci, persone che si stavano godendo il venerdì sera in una città bellissima nella quale le loro vite dovevano essere al sicuro. Quasi sicuramente nessuno di loro ha mai sparato un colpo di arma da fuoco contro un’altra persona, né lanciato un missile, né effettuato un bombardamento. Non meritavano di morire in questo modo.
Ed parimente, in troppi luoghi altri innocenti muoiono allo stesso modo, senza lo stesso clamore mediatico, senza provocarci sgomento perché sono lontani, senza farci paura perché tanto "sono bestie". Ma loro, egualmente, non meritano di morire in questo modo.
Sono tutti loro i poveracci. I parigini, i siriani, i keniani, i nigeriani. E tutti coloro che sono stati e che saranno il dazio da pagare alla gente che prende decisioni e che dispensa morte, ma che per la strada gira con la scorta. Sentite Gigi Proietti che recita Trilussa.
In questo momento Hollande, da SkyTG24, sta dichiarando guerra. Per chi se ne stesse rallegrando, voglio ricordare che nella storia non è mai esistita una sola guerra che abbia fatto danni ad uno solo dei contendenti. Ma tanto, finché in guerra ci vanno gli altri...

Ultima riflessione, quella che mi provoca più rabbia personale, è la qualità della classe politica Italiana.
Domenica ho parlato col mio amico Enrico che vive a Parigi con la famiglia; dopo essermi accertato che stessero bene, la mia voglia di comprendere mi ha portato a chiedergli: “ma anche in Francia sta montando l’odio verso gli islamici?”. Mi ha risposto di no, che quello che gli ho chiesto era inconcepibile in un Paese come la Francia, il cui tessuto è veramente socialista e dove l’integrazione è reale e gran parte dei cittadini è di origine straniera. Non immigrati: cittadini! E che in momenti del genere anche politici come Le Pen si guarderebbero bene dal fare proclami razzisti.
L’Italia invece, che ha sempre scimmiottato la Francia a partire dalla bandiera, continuando poi con un modello nazionale che copia “la République”, imitandone la laicità ma rimanendo cattolica, imitandone l’apertura sociale ma rimanendo “romana” (parlo di nepotismo, raccomandazioni, conoscenze). L’iItalia, dicevo, non ha questa fortuna. L’Italia ha statisti di ben altro spessore. Due esempi su tutti: Matteo Salvini e Maurizio Gasparri.
Matteo Salvini è una persona piccola, meschina e calcolatrice, che ha capito molto bene come si muove la macchina della politica italiana. Salvini ha deciso di raccogliere voti sfruttando e alimentando l’odio e la paura che i suoi elettori provano nei confronti del diverso che, nella storia italiana, una volta era il vicino, poi l’abitante dell’altro quartiere, poi il cittadino del paese vicino, poi il terrone e, adesso che gli orizzonti sono più ampi, lo straniero, lo zingaro, l’africano. Mi sono sempre immaginato il seguace salviniano in canottiera, impegnato a guardare la TV mangiando pastasciutta e biascicando insulti contro le notizie di cronaca, ben chiuso in casa, al sicuro nel suo mondo di certezze, impaurito da chi queste certezze cercava di intaccarle. Purtroppo non è così, o, perlomeno, non lo è più; e temo che se andassimo ora alle elezioni, la Lega risulterebbe il terzo partito in Italia. Io non so nemmeno se Salvini sia veramente razzista; ma non esserlo non sarebbe un’attenuante, anzi, lo renderebbe ancora più cinico e viscido. Chissà se si ricorda, Salvini, che degli ultimi 20 anni la Lega ne ha passati al governo almeno la metà e che l’unica legge per contenere l’immigrazione che sono riusciti a produrre quelli come lui è stata la Bossi-Fini, una schifezza che come si può vedere non ha funzionato, ma che tante difficoltà ha creato agli italiani che lavoravano all’estero.
Maurizio Gasparri è Senatore della Repubblica. Nessuno, come lui, ha beneficiato del “Porcellum”, perché senza le liste bloccate credo che non avrebbe raccolto nemmeno i voti dei parenti. Gasparri passa il tempo ad insultare i cittadini della Repubblica per la quale ha giurato; e lo fa metodicamente, uno per uno, sui Social. E questi insulti sono la più alta espressione del suo pensiero; quando parla seriamente, è molto, molto peggio. Non male per un Senatore; ma forse è quello che ci meritiamo.

Non vorrei che nelle righe che ho scritto qualcuno leggesse una mia assoluzione nei confronti dei terroristi. Non è così. Io li odio. Li considero la merda dell’umanità.
Ma letteralmente: in questa umanità che pensa solo a mangiare sempre di più, un metabolismo malato defeca male, defeca marcio. E questa è la merda che produce.


E, nel ricordare che tutto quanto scritto sopra non è “verità assoluta”, ma solo opinioni mie, penso che forse forse, ad esportare troppa democrazia, ad un certo punto arrivi il dazio da pagare.

Ps. Noto che i profili facebook dei miei amici capoverdiani non riportano il tricolore francese, bensì i colori del Kenya o delle Nigeria. Al mondo è veramente tutto, ma proprio tutto, relativo.

martedì 10 novembre 2015

Cose di Casa!

La mia permanenza in Italia trascorre molto veloce perché in pratica si riduce al tempo che intercorre tra un pasto e l’altro. Quindi, molto poco. Tornerò a Capo Verde con degli sviluppatissimi muscoli lardominali.

Mi sto gustando delle lunghissime, confortanti docce. Mi insapono, canto, mi sciacquo, mi insapono di nuovo, canto, scivolo, mi spavento, incolpo il Karma, smetto di cantare, mi sciacquo. Non è che a Tarrafal non ci sia acqua, ma esistono svariati motivi che rendono la doccia capoverdiana una necessità da disbrigare nel minor tempo possibile.
In primo luogo non c’è il box, anzi!  Nemmeno una bruttissima tenda; sicché parte dell’acqua tende a riversarsi nel bagno, con un bellissimo effetto Everglades ma con gli scarafaggi al posto degli alligatori. E mi toccherebbe asciugare.
In secondo luogo il piatto doccia è poco profondo, ha un’inclinazione sbagliata e lo scarico lento. Di conseguenza, anche l’acqua che rimane lì dove dovrebbe, tende a strabordare velocemente e a riversarsi fuori, unendosi a quella di cui sopra e che sempre io dovrò asciugare.
Infine non ho il boiler. Non che serva particolarmente, viste le temperature miti. Ma una doccia con l’acqua tiepidina ha meno appeal di una vaporosa doccia calda.
La verità è che da quelle parti non costruiscono particolarmente bene.

Per fare altri esempi a casa mia, che è una bellissima villetta, esistono dei controsensi assoluti. Per cominciare, nel bagno degli ospiti c’è un'assurda finestra fissa, murata, che non si apre; praticamente una vetrata. E, trattandosi di un bagno, gli ospiti che lo hanno usato si sono sempre trovati nell’imbarazzo di scegliere tra lasciare la porta aperta per fare uscire il vapore o chiuderla per non fare uscire i vapori.
I lavori di ristrutturazione, poi, hanno sconvolto gli equilibri strutturali della casa: un triste esempio è che, piastrellando gli esterni, il livello della casa risulta a filo del cortile e la pioggia degli ultimi mesi mi allagava sistematicamente la cucina, che per l'occasione, si tramutava in una succursale del Vaticano per via dei Santi nominati.
Discutibile anche la scelta di materiali. A prescindere dalla difficoltà nel reperire le materie prime in loco, optare per i corrimani in acciaio e per le piastrelle nere  sul terrazzo, in un paese dove il sole picchia senza sosta, non si può decisamente definire un colpo di genio. A meno che uno non voglia cuocere uova sul pavimento.


Ma non è un problema solo di casa mia; gli altri non sono messi meglio!
Nell’Hotel dove ho alloggiato un mesetto, ad esempio, i tocchi di classe erano innumerevoli. Encomiabile esempio, la tazza del wc che non aveva spazio per le gambe, toccando praticamente il box della doccia. 
Oppure il corridoio in pendenza, dove appoggiando la valigia, la vedevi procedere da sola senza aspettarti. O la mia preferita: le scale con gli scalini di altezza diversa: strani in salita, pericolosissimi in discesa.

Le case private, poi, sono fantastiche! Un imprescindibile classico è rappresentato dalla grondaia che scarica nel giardino dei vicini, roba che da noi porterebbe a scambi di coltellate e faide decennali.

Insomma, si costruisce un po' naif, ma si vive molto all'aperto. Non me la sento di biasimarli.
Intanto, mentre scrivevo questo post, Sky Music ha passato "What is love" di Haddaway. Mi sono fatto portare dai ricordi di gioventù e mi sono messo a ballare in casa.
Da solo.
In mutande.
Davanti alla finestra.
Il valore immobiliare dell'appartamento di fronte alla mia è improvvisamente crollato.

domenica 1 novembre 2015

Cosa mi manca dell'Italia.

La domanda classica che viene posta a chi si trasferisce all'estero è: "cosa ti manca del tuo paese?".
Non so bene se funzioni così ovunque, ma, per la mia esperienza, in Italia è un po' una costante; in particolare, da popolo di mangiatori quali siamo, le domande vertono molto sugli aspetti eno-gastronomici del paese di destinazione; paese che, più è esotico, più ovviamente suscita curiosità.



Cosa mi manca dell'Italia? Avrei dovuto (e voluto) scrivere questo post prima di rientrare a casa, dove mi trovo in questo momento; ma una serie di eventi e di circostanze avverse non mi hanno permesso di tener fede ai miei propositi. Sarebbe stato il momento migliore per riflettere sull'argomento, in quanto dopo sei mesi di permanenza continua all'estero avevo raggiunto il picco massimo della nostalgia (se nostalgia si può chiamare).
Adesso però sto scrivendo nella pausa post-pradiale dopo che mia mamma mi ha cucinato il PIL del Belgio, e tutte le cibarie che mi apparivano in sogno e che non vedevo l'ora di riassaggiare, ora le vedo come sfocate nelle nebbiose terre della sazietà!

Cosa mi manca quindi? La pasta? No, la pasta c'è, c'è ovunque. Il caffè? No, il caffè capoverdiano è molto, molto buono. Gli amici e la famiglia. Sì, molto. Ma è anche vero che qui la loro vita scorre con ritmi diversi e paralleli rispetto ai miei e che quando torno non riesco mai a godermeli come vorrei.
La televisione Italiana? Per carità, no! Il mio primo giorno in Italia mi sono dovuto sorbire un intero TG5 e ho scoperto che c'è ancora il Grande Fratello. Io pur di non dovermi sorbire un solo minuto di RAI o di Mediaset, continuo a pagare Sky anche quando sono via... Quindi no, la TV decisamente no. Anzi, non gliela perdonerò mai, ai Maya, di avermi illuso qualche anno fa!
Mi mancava molto Deejay Chiama Italia, ma con la App di Deejay e con l'ora legale, me l'ascolto anche a Capo Verde senza problemi.
I cocktail nei bar? Sì, anzi, più che altro la possibilità di berli! Così come apprezzo il fatto che vado al supermercato e trovo di tutto, mentre a Tarrafal una spesa completa richiede tempo, energia e molta pazienza nel reperire ciò che mi serve.
Mi manca abbastanza parlare la mia lingua, mi mancano i Simpson, mi mancano il mio letto e il mio appartamento comodissimo.
Mi mancano alcune cosine buone da mangiare, e, poiché il Piemonte da il meglio di sé in autunno, con funghi, castagne, vino, polenta e risotti, sono capitato a fagiuolo. Sto già facendo nuovi buchi alla cintura.

Ma posso anche sfruttare il ritardo col quale scrivo questo post per integrarlo con "ciò che non mi manca".
E, a costo di andare sul banale e sul retorico, si tratta sempre delle solite cose di noi italiani.
Non mi manca il fatto che non ci si rivolga il saluto, che ci si prenda troppo sul serio, che in macchina ci si trasformi e si diventi idioti aggressivi.
Detesto i telegiornali e lo sciacallaggio che fanno, nascondendo, dietro al diritto di cronaca, una becera ricerca di ascolti.
Non mi mancano la politica, la pioggia, la musica italiana.

E ora basta perché poi mi intristisco, quando in realtà sono in ferie.
Quando mi chiedono com'è l'Italia, rispondo sempre: "è il paese più bello del mondo, ma ha un unico difetto: è pieno di italiani!"
Stasera mi sparerò tre spriz. E non se ne parla più!