mercoledì 14 ottobre 2015

Cambio degli armadi.

Anche a Capo Verde l'estate volge finalmente al termine e le temperature calano drasticamente. Mentre scrivo sono le 12:42 e i 32 gradi con 70% di umidità mi stanno facendo sudare come Luca Giurato alle prese con un congiuntivo.


Ieri sera sono partiti, dopo 8 giorni, tre miei cari amici che sono venuti a trovarmi. Hanno vissuto, in questo breve tempo, tutte quelle piccole cose, quelle emozioni e quelle differenze culturali con le quali io ho a che fare da gennaio. Hanno quindi avuto modo di conoscere il calore e la disponibilità della gente del luogo ("ho conosciuto più persone in una settimana qui che in un anno a casa"), hanno visitato gli asili strapieni di bambini, mi hanno accompagnato a Praia in un viaggio ancora più lungo del solito per le strade dissestate dalle passate piogge, hanno avuto a che fare con "l'elasticità" locale nella gestione del tempo.
Mercoledì abbiamo per esempio ordinato qualche kg di polpo dando appuntamento all'allegro giovanotto in un determinato posto; lui è andato a procacciarselo. L'abbiamo rivisto ieri, il lunedì successivo; ha detto che ci ha cercati, ma che non aveva il nostro numero e che comunque non ha credito nel cellulare che, nel dubbio, lascia a casa.

Quella della gestione del cellulare è una cosa che mi manda fuori di testa. Tutti qui hanno il cellulare, ma proprio tutti. Però le telefonate sono carissime, ben più care che in Italia, e gli stipendi, quando ci sono, sono bassi.
Sicché tutti usano internet ma nessuno telefona e, quel che è peggio, nessuno risponde al telefono. Al limite ti fanno uno squillo se e quando trovano la tua chiamata.
E comunque nessuno dice il suo nome quando ti chiama, mentre mancano completamente i saluti di rito prima di chiudere: la telefonata si interrompe con un "click" improvviso, roba che se non te ne accorgi, vai avanti a parlare da solo per qualche minuto (e a me capita spesso... sono i casi in cui sfoggio il mio miglior portoghese!).
Anche dal vivo le convenzioni sono diverse: in fase di presentazione ti baciano sulle guance (ovviamente dal lato opposto al nostro; ho limonato involontariamente con mezza isola!); oppure quando una persona arriva saluta tutti i presenti uno per uno dando la mano, operazione che, quando si incontrano due gruppi di amici, richiede anche diversi minuti. Per andare via, invece, un ciao veloce e fugace e puff! spariti.

Ho notato che dopo quasi 10 mesi qui è avvenuto un cambiamento nel mio carattere: sono più sereno, tranquillo, evito di prendermela per un nonnulla. In Italia, invece, se qualcuno mi tagliasse la strada in macchina, sarei capace di attaccar briga anche se si trattasse di Gandhi alla guida, con Madre Teresa navigatore e il Dalai Lama e Osho seduti dietro.
Dicevo che quindi mi sento più sereno; ma è bastata una partita a scopa.
Quando Ciccio ha girato in tavola 3, 4, 5 e 2 di denari e mi ha servito tre assi, per poi prendersi il Settebello, mi hanno dovuto fermare mentre con la schiuma alla bocca cercavo di strappare le carte.
Ne ho ancora da lavorare.


Domenica in Italia torna l'ora solare e io potrò ascoltare di nuovo Deejay Chiama Italia; inoltre tra poco sarò in Piemonte e mi sfonderò di funghi, anche quelli velenosi.
Mi piace l'autunno.

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