sabato 15 agosto 2015

Dopo questo silenzio.

Riprendo a scrivere dopo un periodo di latitanza dovuto non a mancanza di argomenti o di volontà, bensì ad una tragica concomitanza di situazioni avverse che contemplano l'assenza di internet (imputabile a me, soltanto a me, nient'altro che a me), un ennesimo trasloco, un nefasto allineamento astrale e la malevolenza di qualche divinità da me troppo spesso nominata. Beh, rieccomi qui, in quel di Tarrafal.

L'estate e la stagione delle piogge mi hanno portato, oltre che un'umidità da foresta pluviale, anche la gradita presenza di due amici, Angelo e Serena, che purtroppo sono, nel momento in cui scrivo, già rientrati in Italia.

Con Angelo ho avuto il piacere di cimentarmi in una battuta di pesca. Dico battuta un po' perché non so di preciso come si chiami, e un po' perché chiamare "pesca" ciò che abbiamo fatto è davvero una battuta. Fantozzi e Filini sarebbero orgogliosissimi di noi!
Usciamo verso le 9 (più la solita mezz'oretta accademica), su una barchetta con un motore fuoribordo ottenuto probabilmente modificando quello di un asciugacapelli. Al timone l'espertissimo Vila, ad accompagnarci in nostro amico Adì. Appena fuori dalla baia buttiamo l'ancora (una pietra), e ci vengono consegnati gli strumenti del mestiere: delle lenze arrotolate una attorno ad una tavoletta di compensato, l'altra attorno ad una bomboletta di lacca, utile nel caso il pesce volesse presentarsi alla grigliata con un'acconciatura più voluminosa.
Gli amici capoverdiani attaccano alla lenza un amo, un peso (una pietra), mettono l'esca e via, nelle profondità del mare, dove l'acqua è più blu!
Dopo 30 secondi tirano su un pesce! Restiamo sbalorditi e ci prepariamo a fare la pesca miracolosa di San Pietro ma senza interventi divini in aiuto!
E intanto, i racconti da lupi di mare si sprecano: esiste uno squalo gigante che ha il territorio di caccia poco lontano, esiste una manta di 5 metri che si vede al tramonto e che, se non spegni il motore, ti affonda la barca, quella volta che due barche hanno preso un tonno gigante a Fogo e l'hanno portato fino a Tarrafal, e via discorrendo.
Intanto la barca tardava a riempirsi dei frutti dei nostri sforzi e, l'unico pesce fino ad allora catturato, aveva deciso di abbandonare questo mondo non per mancanza di acqua, ma per solitudine.
Risultato: dopo tre ore, vari spostamenti e mille trucchi provati, abbiamo portato a casa un'insolazione e un gran male al culo. E siamo andati a pranzo al ristorante.

Qualche giorno fa ho comprato una macchina. Il giorno seguente, mentre con Angelo e Serena ci trovavamo a percorrere una stradina pittoresca in un posto chiamato Tras do Monte, ci capita di passare di fianco ad un gregge di pecore. La cosa è talmente normale, qui, che ci faccio appena caso: le pecore si scansano al passaggio dell'auto e io, d'altronde, sto andando proprio piano.
Mi accorgo però che il montone ci sta guardando minaccioso; all'improvviso ci carica a testa bassa e mi incorna la macchina nella parte anteriore, il bastardo! Dopodiché si da alla macchia.
Scendiamo dall'auto e vediamo che la portiera si apre con difficoltà. Mi riprometto, quanto prima, di mettere una testa di montone come polena sul cofano della mia macchina!


Ho preso un cane, che da quando è arrivato, ha portato scompiglio e disastri. Si tratta di una femminuccia. L'ho chiamata Pandora. Al momento la cosa che più mi stupisce è il fatto che riesca, ogni giorno, a cagare l'equivalente del suo peso corporeo!
Ma mi sta facendo una gran compagnia nella mia casa troppo troppo grande! Vi aspetto, gente!

Nessun commento:

Posta un commento