martedì 10 novembre 2015

Cose di Casa!

La mia permanenza in Italia trascorre molto veloce perché in pratica si riduce al tempo che intercorre tra un pasto e l’altro. Quindi, molto poco. Tornerò a Capo Verde con degli sviluppatissimi muscoli lardominali.

Mi sto gustando delle lunghissime, confortanti docce. Mi insapono, canto, mi sciacquo, mi insapono di nuovo, canto, scivolo, mi spavento, incolpo il Karma, smetto di cantare, mi sciacquo. Non è che a Tarrafal non ci sia acqua, ma esistono svariati motivi che rendono la doccia capoverdiana una necessità da disbrigare nel minor tempo possibile.
In primo luogo non c’è il box, anzi!  Nemmeno una bruttissima tenda; sicché parte dell’acqua tende a riversarsi nel bagno, con un bellissimo effetto Everglades ma con gli scarafaggi al posto degli alligatori. E mi toccherebbe asciugare.
In secondo luogo il piatto doccia è poco profondo, ha un’inclinazione sbagliata e lo scarico lento. Di conseguenza, anche l’acqua che rimane lì dove dovrebbe, tende a strabordare velocemente e a riversarsi fuori, unendosi a quella di cui sopra e che sempre io dovrò asciugare.
Infine non ho il boiler. Non che serva particolarmente, viste le temperature miti. Ma una doccia con l’acqua tiepidina ha meno appeal di una vaporosa doccia calda.
La verità è che da quelle parti non costruiscono particolarmente bene.

Per fare altri esempi a casa mia, che è una bellissima villetta, esistono dei controsensi assoluti. Per cominciare, nel bagno degli ospiti c’è un'assurda finestra fissa, murata, che non si apre; praticamente una vetrata. E, trattandosi di un bagno, gli ospiti che lo hanno usato si sono sempre trovati nell’imbarazzo di scegliere tra lasciare la porta aperta per fare uscire il vapore o chiuderla per non fare uscire i vapori.
I lavori di ristrutturazione, poi, hanno sconvolto gli equilibri strutturali della casa: un triste esempio è che, piastrellando gli esterni, il livello della casa risulta a filo del cortile e la pioggia degli ultimi mesi mi allagava sistematicamente la cucina, che per l'occasione, si tramutava in una succursale del Vaticano per via dei Santi nominati.
Discutibile anche la scelta di materiali. A prescindere dalla difficoltà nel reperire le materie prime in loco, optare per i corrimani in acciaio e per le piastrelle nere  sul terrazzo, in un paese dove il sole picchia senza sosta, non si può decisamente definire un colpo di genio. A meno che uno non voglia cuocere uova sul pavimento.


Ma non è un problema solo di casa mia; gli altri non sono messi meglio!
Nell’Hotel dove ho alloggiato un mesetto, ad esempio, i tocchi di classe erano innumerevoli. Encomiabile esempio, la tazza del wc che non aveva spazio per le gambe, toccando praticamente il box della doccia. 
Oppure il corridoio in pendenza, dove appoggiando la valigia, la vedevi procedere da sola senza aspettarti. O la mia preferita: le scale con gli scalini di altezza diversa: strani in salita, pericolosissimi in discesa.

Le case private, poi, sono fantastiche! Un imprescindibile classico è rappresentato dalla grondaia che scarica nel giardino dei vicini, roba che da noi porterebbe a scambi di coltellate e faide decennali.

Insomma, si costruisce un po' naif, ma si vive molto all'aperto. Non me la sento di biasimarli.
Intanto, mentre scrivevo questo post, Sky Music ha passato "What is love" di Haddaway. Mi sono fatto portare dai ricordi di gioventù e mi sono messo a ballare in casa.
Da solo.
In mutande.
Davanti alla finestra.
Il valore immobiliare dell'appartamento di fronte alla mia è improvvisamente crollato.

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