lunedì 5 settembre 2016

Cronaca di sexta feira.

Ieri sera, sul divano, mi sono chiesto: chissà che cosa si prova a non avere la pelle appiccicosa? Sono giorni ormai che sono perennemente sudato e mi manca la sensazione di asciutto, mi manca quasi il freddo!
Poi ho staccato faticosamente il mio corpo dal divano cinese in finta pelle-linoleum-amianto e sono andato a dormire.

Venerdì io e Francesco abbiamo passato la giornata (nonché la notte seguente) a Praia.
Il motivo che ci ha portati per l'ennesima volta nella capitale è sempre lo stesso; avendo un'attività commerciale, non possiamo restare nel paese con un visto turistico ma dobbiamo ottenerne uno specifico, il "Visto di Residenza".
Semplice? Semplicissimo. Grazie, la sua soddisfazione è il nostro miglior premio!
All'uopo ci è stata consegnata una lista di documenti da produrre che quando a Ercole comunicarono le 12 fatiche, di certo l'ha presa meglio!


Da allora è iniziato un andirivieni Tarrafal-Praia che ci vedeva ogni volta tornare sconfitti: e una volta un documento era incompleto, e una volta il software non andava, e una volta il timbro era blu e lo volevano nero, e una volta il foglio di carta era troppo foglio e via di questo passo.
Da Tarrafal a Praia la strada in realtà non è granché lunga, trattandosi di 70 km. Ma sono 70 km di salite, discese e soprattutto curve, ognuna delle quali é stata da noi intitolata ad un Santo differente.
Il problema di venerdì qual era? Il casellario giudiziario.
In pratica il tribunale del luogo di residenza in Italia ha la bontà di dichiarare per iscritto, su un elegante foglio A4 arricchito da circa 25 € di marche da bollo, che non esistono pendenze a tuo carico. Il tutto si traduce sostanzialmente in una parola: "NULLA". Il problema consisteva nel fatto che "NULLA" fosse scritto in Italiano, mentre loro lo pretendevano tradotto in portoghese, da parte di un traduttore certificato e in più timbrato sul retro dal consolato IN ITALIA. Già che c'erano potevano chiedere un sigillo in ceralacca fatto di merda di unicorno. Ma chi traduce? Nessuno ne sa nulla e la gentilissima (per davvero) signora dell'Ufficio Visti che se ne stava occupando ha fatto almeno 5 chiamate prima che qualcuno le dicesse che forse la cugina del cognato del vicino di casa era una traduttrice. La traduttrice è arrivata e, benché il Consolato Italiano a Capo Verde non sia rappresentato, dopo 2 ore avevamo la traduzione e il timbro.
Ovviamente pagando. Credo che si chiami Consolato perché proprio di quello avremmo bisogno: di consolazione!

In seguito siamo andati a sistemarci in hotel. L'unico parametro di scelta che ci siamo imposti è stato la presenza di aria condizionata visto che la notte nella nostra casa non si riesce a dormire per il calore. Probabilmente è collegata per vie arcane con il cratere dell'Etna.
L'hotel non era nemmeno brutto; ma probabilmente lo era la casa a fianco, visto che il proprietario ha deciso di ristrutturarla affidando il lavoro ad un instancabile operaio armato esclusivamente di martello. Questo indefesso paladino dell'arte edilizia non ha smesso di battere finché sono rimasto in camera, dandomi appuntamento per la ripresa dei lavori al mattino successivo, sabato, puntuale alle 8.
L'unico lavoratore puntuale e ligio al dovere dell'arcipelago l'ho beccato io! E martellava così da vicino che sembrava di averlo in camera... ho fatto male a non controllare che ci fosse tutto nel frigobar.

La sera dopo cena dovevamo aspettare che il nostro amico George chiudesse la sua enoteca per portarci in giro per locali. George è un simpatico portoghese che ha assunto per noi il ruolo di novello Virgilio nell'Inferno di Praia. A due passi dal suo negozio c'è un locale dove si fuma il narghilè e dove io e Francesco ci siamo recati per ingannare l'attesa. Il luogo non era granché, anzi! Sembrava una sala di attesa di autobus ormai dismessa da anni, e la nebbia all'interno avrebbe fatto tossire anche il Brucaliffo!
Ma alla fine con un gin tonic in una mano e un narghilè nell'altra, la situazione era sopportabile. Nel locale c'erano anche tante ragazze che cercavano di attirare le attenzioni dei maschietti soffiandosi il fumo di bocca in bocca e assumendo pose sensuali e provocanti. Io e Francesco eravamo troppo immersi in una discussione sull'interpretazione di alcuni aspetti della filosofia di Kant su cui eravamo in disaccordo, per farci caso.
Dopo due ore nel locale, verso mezzanotte, siamo usciti all'aperto nella piazza del Palmarejo, quartiere commerciale e residenziale che a quell'ora pullulava di vita. Abbiamo quindi purtroppo assistito ad uno scippo nei confronti di una ragazza, fenomeno molto frequente in questa città. Questa volta però il delinquente non ha avuto fortuna. In un bar di fronte erano seduti tre poliziotti in borghese che sono partiti all'inseguimento e l'hanno acciuffato in due minuti. Dopo pochissimo sono arrivate due macchine della polizia, ma in tempi veramente rapidi. Una delle due apparteneva alla polizia che si occupa di lotta alle bande criminali, e quindi, per evitare rappresaglie, operano indossando il passamontagna.
Ora, io ormai ho smesso di stupirmi della prestanza fisica degli uomini del posto. Ma questi due, lo giuro, erano due giganti di ebano con i bicipiti delle dimensioni delle mie cosce. Inumani.
Quel povero cretino del ladruncolo non ha nemmeno abbozzato una qualsivoglia resistenza: ammanettato e condotto via nel bagagliaio dell'auto. In seguito, la ragazza scippata ci ha scritto dal posto di polizia per dire che avevano recuperato la borsa e al momento stavano interrogando il giovanotto usando molta comunicazione non verbale.
Cose che capitano.


Una volta raggiunti da George siamo andati in un bellissimo locale pieno di bella gente, cocktail fantastici e musica revival e ci siamo rimasti fino alle 4. Il nostro rientro in hotel è stato battezzato da uno scroscio di pioggia tropicale giusto per aggiungere un po' di malessere al risveglio, come se alcol, poco sonno e martellate non bastassero.
Fortunatamente, la colazione valeva la pena!


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