venerdì 22 maggio 2015

Gamboa Festival Vol. 2

Il Gamboa Festival si svolge su una spiaggia molto grande (e molto sporca!), e vi si accede da ingressi collocati praticamente a ridosso di una rotonda stradale.
Il traffico in zona è quindi estremamente congestionato, nonostante l'intervento della polizia che, a suon di bestemmioni in creolo, cerca di snellire e rendere fluida la circolazione.
Andreas, che ormai ha fatto il callo e non si formalizza, parcheggia bellamente sul marciapiede e si va.

L'ingresso costa 500 escudos, 300 tramite prevendita; il cambio fisso è 1 € = 110 escudos, quindi il biglietto costa circa dai 2,50 ai 4,50 €.
Poco, se li hai. Tantissimo, se sei senza!
Ne deriva che, per coloro che non hanno la possibilità di entrare, si crei una sorta di "controfestival" sul lungomare all'ingresso, con tanto di palco alternativo con gruppo che canta, bancarelle, venditori, bibitari. E ressa: tanta, tanta, tanta ressa.
Dal pericolo di borseggi e addirittura di vere e proprie aggressioni, ero già stato messo in guardia. Una volta, mi dicono, erano anche molto frequenti le risse; ma ormai lo spiegamento di polizia, esercito, finanza ed altro è veramente imponente.
Nel dubbio, io mi metto in tasca una banconota da 1000 scudi e lascio il portafogli in macchina, in modo da rendere più agevole il lavoro dei topi d'auto!

All'ingresso siamo in 8, tra ragazzi e ragazze, facciamo il biglietto ed entriamo. Lo spettacolo è grandioso: alla destra il mare, sulla testa il cielo stellato con la luna, davanti un palco illuminato e migliaia di ragazzi e ragazze che ballano. Tutto intorno bancarelle che vendono cibo e birra.
Mi soffermo un attimo sul concetto di bancarella. Si tratta di un ombrellone sotto il quale c'è un tavolino dove è appoggiato un fusto di birra che viene spillata in bicchieri di plastica. A lato, un piccolo barbecue sul quale sfrigolano cosce di pollo o tranci di pesce. I più forniti, vendono anche sigarette sfuse.



Sul palco si esibisce un gruppo rap che si chiama "Rapaz 100 Juiz" e che canta brani di forte critica sociale: contro lo stipendio dei deputati, contro i politici, contro la gestione della scuola, contro il costo della vita che non permette di arrivare a fine mese, contro il prezzo della benzina; qui tutti sembrano conoscere a memoria queste canzoni. Sarebbe facile scrivere che tutto il mondo è paese, infatti non lo faccio. Ma non posso non notare quattro rasta super-fattoni che ballano ogni canzone con lo stesso, ipnotico ritmo; anche nelle pause tra una canzone e l'altra, non smettono mai di dondolare.


Ci viene voglia di birra; non potevamo saperlo, ma si rivelerà un'impresa.
Un bicchiere di birra media costa 60 escudos (due settimane fa a Biella l'ho pagata, identica, 5,50 €) e nessuno dei venditori ha il resto alla banconota da mille. Dopo aver girato invano per un po', l'unica soluzione è raccogliere una decina di amici ed offrir loro una birra.
Il problema è che poi questi amici vogliono ricambiare; per risparmiare, moltissime ragazze portano in borsa bottiglie di plastica da mezzo litro piene di "Ponce", una sorta di crema alcolica, tipo il Baileys, ma a base di un liquore locale, il grogue, e aromatizzata ai gusti più disparati: fragola, menta, cioccolato. Ce ne offrono a fiumi: dolce, vomitevole, ubriacante!
Il festival è stato un successone di divertimento fino a notte fonda.

Infine, devo dire che l'uomo europeo un po' datato, ma non ancora da rottamare, incontra parecchi apprezzamenti. Ma può darsi che questo dipendesse dal molto alcol che girava. O piuttosto dalla voce, che si era diffusa, che stavamo offrendo da bere.

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