lunedì 30 marzo 2015

On the road

Oggi mi trovo a Praia, la capitale di Capo Verde, per i soliti, entusiasmanti motivi burocratici. Questa mattina quindi, con partenza alle 7:30, mi sono sobbarcato il viaggio da Tarrafal, sulla strada che taglia l'isola e alla quale già in precedenza ho dedicato qualche parola.


Da Tarrafal, che si trova sul mare, si deve attraversare praticamente tutta l'isola di Santiago che, nell'entroterra, presenta delle alture non da ridere. Ne consegue che i 70 km di strada sono tutti curve, salite, discese, tornanti. Se si considera che poi, aldilà dei centri urbani, praticamente lungo tutto il percorso sorgono abitazioni e piccoli agglomerati di case, con il patrimonio umano e animale annessi, ne consegue una difficoltà di guida livello GTA 6.
Usciti da Tarrafal, ci si inerpica subito sulla salita che attraversa la sua parte alta, Chao Bon, e che continua a salire fino al Parque Serra Malagueta (1040 m. slm); non ho ancora visitato questo parco, che pare sia molto bello. Forse perché arrivando da Biella, mi sembra assurdo andare a vedere un parco di montagna a Capo Verde. Comunque qui la strada taglia la montagna e spesso, nel percorrerla, si attraversano le nuvole. Pittoresco!
Prima di arrivare al parco, comunque, si respira la vera essenza rurale di Tarrafal, città a vocazione agricola essendo i prodotti della terra, insieme alla pesca, la maggior risorsa economica. Sul bordo della strada si vedono diversi bambini impegnati ad aiutare nel lavoro dei campi; oggi mi hanno colpito due bambine, di circa 10 e 13 anni, che spingevano carriole cariche e LETTERALMENTE grandi quanto loro. Sarebbe facile fare del populismo e dire che da noi i giovani di oggi non si sognerebbero mai di spingere una carriola; ma la verità è che nemmeno io, che non appartengo lontanamente alla categoria giovani, da adolescente ho mai avuto a che fare con una carriola (se non nei miei sogni, ma di ben altro genere). A quella età, bisognerebbe andare a scuola, semplicemente.

Dal parco della Serra Malagueta in poi, si scende un po', poi si sale, per Assomada, si scende e si sale altre due volte e si arriva infine a Praia. Per tutto questo percorso (asfalto senza una buca, una sola!), gli elementi a cui deve stare attento un povero conducente sono: cani, galline, capre, muli (che vanno in giro carichi e soli, avranno il GPS), mucche, bambini che corrono, cordoli di rallentamento, bici, mezzi in retromarcia, autostoppisti, donne con bacinelle strapiene sulla testa, corridori (vanno sparati in salita, con le Superga ai piedi, Sant'Abebe Bikila!), scolari che camminano bordo strada, bruciatori di sterpaglie, venditrici di porco fritto, bambini che vendono frutta.
Rispetto a noi, forse per le molte e forti salite, pochissimi ciclisti: sintomo questo a parer mio, soprattutto di domenica, di netta superiorità culturale!
Dalle parti di Assomada ho beccato per ben due volte un tizio, una volta vestito da suora, un'altra da soubrette. Insondabili misteri d'Africa.


Nei tratti in cui la strada taglia la montagna, la vista è favolosa: alture e panorami che ricordano il mondo di Road Runner e Willy Coyote. Le pareti dove la montagna è stata scavata, però, non hanno le reti protettive in metallo, per cui è molto facile vedere sassi staccatisi e caduti dall'alto, alcuni anche di qualche chilata! Ma finché li vedo già a terra, va bene!

L'arrivo a Praia è sempre pieno di promesse. Ma di questo parlerò un'altra volta. Ora ho bisogno di trovare un posto dove mi hanno detto che sanno fare dell'ottimo mojito...

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